martedì 29 ottobre 2013

Andata e ritorno

- Carmela, io non sono ancora pronta. 
- Nemmeno io lo sono, Ariane. 
- Per un istante, un lungo terribile istante, lungo quanto il resto della mia vita, Carmela, ho pensato che tu lo fossi. 
- Eh, forse l’ho creduto anch’io; ma non era il momento. 
- Però, Carmela, ci hai messo davvero paura. Io ho pianto e ho conosciuto la disperazione. E’ un buco profondo dentro cui precipiti senza cadere. Semplicemente sai che non si torna indietro. 
- Eh no che non si torna indietro. 
- Tu però sei tornata, Carmela. 
- Sì, fiato mio. Ma lo sai anche tu che non è per sempre. 
- Perché invece non può essere per sempre? Perché te ne devi andare? Io non voglio che mi abbandoni.
- Non ti abbandonerò. Me ne andrò soltanto. 
- Nonna, senza di te finisce un mondo e quel mondo è il mio. 
- Non ci si può separare dal proprio ombelico, Ariane. Non ti illudere. 
- Nonna, non mi raccontare la solita storia che rimarrai per sempre nei nostri cuori e tutte quelle stupidaggini. Tu sei già nei nostri cuori: io voglio che tu resti per sempre nella tua cucina e che mi prepari la frittata come la sai fare solo tu. 
- Guardami, Ariane. Sono vecchia e pure stanca. Tutti quelli che mi hanno vista crescere non ci sono più. Mi sento sola. 
- Ma ci siamo noi, nonnina. Noi non contiamo nulla per te? 
- Tutto, voi contate tutto. 
- E allora perché te ne vuoi andare? 
- Me ne andrò quando sarò pronta. 
- Io non lo sarò mai. 
- Dovrai. 
- Piangerò. 
- Nella vita si piange, ma è bella lo stesso. Ed è sempre vita. 
- Vita, nonna, non morte. La vita è bella, la morte no. 
- L’una non esclude l’altra, però. 
- Nonna, non riuscirai a convincermi. 
- Non ci provo nemmeno Ariane. Io ti voglio bene. 
- Anch’io te ne voglio, nonna. 
- Ho il cuore malato. 
- Prendi un po’ del mio, è già tuo. 
- Serve a te, il tuo cuore. Ti serve per crescere e per amare. 
- Sono cresciuta amandoti, nonnina. 
- Non sempre, perché io so anche essere cattiva. 
- La Sfinge che divora chi non sa risolvere l’enigma non è cattiva: fa solo il suo dovere. 
- Dev’essere vero, se lo dici tu che hai studiato tanto, nipotina mia. 
- Eh, mi sono pure laureata. 
- Me lo ricordo. Tuo nonno era così fiero di te, quel giorno. Ti chiamava “dottoressa”, tutto orgoglioso. Lo ero anch’io. 
- Ma tu mi dicevi: “dottoressa di questa coppola di cazzo”, nonna! 
- Eh, ma lo sai che io ho il mio modo di esprimermi. 
- Lo so. Mi dicevi “buttanazza” quando mettevo le minigonne, che bei ricordi! 
- Eh, era vero. Gliela mostravi a tutti, che porcheria quelle minigonne. 
- Era la moda, nonna. 
- La moda delle buttanazze. 
- Nonna, io senza di te non sono io. 
- Credimi, Ariane, tu sei tu anche senza di me. 
- Io sono io anche grazie a te. Resta ancora qui, nonna, mi devi dare ancora tanti baci e mi devi insultare quando fumo le sigarette e mi devi ricordare che Amalia, Concettina e Graziella loro sì che sono delle femmine perbene perché stirano, sbattono i tappeti e rifanno i letti ogni mattina. 
- Io ho cercato di insegnarti le cose giuste. 
- Lo so, nonnina. Tu sei stata brava, io no perché non ho imparato niente. 
- Tu e le tue sorelle non siete brave, ma siete le mie nipoti. 
- Abbiamo avuto questa fortuna, nonnina. Non ci lasciare. 
- Non vi lascio. Adesso vai, va’, che sono stanca e voglio riposare. 
- Vado nonna, buona notte. Torno domani a trovarti qui in ospedale. 
- Ariane? 
- Sì, nonnina? Cosa vuoi dirmi? Tutto quello che tu dici è vero e necessario. 
- Le fave, Ariane. Togli tutte le scarfoglie alle fave, vedrai che sono tenere tenere senza scarfoglie. 
- Certo, nonna, tutto quello che vuoi tu. Toglierò le scarfoglie. Tu però non te ne andare mai più.

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mercoledì 23 ottobre 2013

Perché? Ma perché? Ecco perché!



1) Perché, a partire da una certa età, i peli sui polpacci crescono perpendicolarmente ai polpacci medesimi? 

 RISPOSTA: Perché così, se ti metti i collant sessanta denari, puoi fare Super Pippo in calzamaglia. 

2) Perché lui ti dice “cara, metti le auto-reggenti per me” e poi non scoppia a ridere quando lo fai? 

RISPOSTA: Perché è un pervertito che si eccita con Super Pippo. 

3) Perché il pensiero di tagliarti le unghie dei piedi ti è insopportabile ma poi, quando infine decidi di tagliartele - l’alternativa essendo quella di acquistare le scarpe di un numero in più - provi un’inspiegabile goduria? 

RISPOSTA: Boh. Fammene una di riserva. 

4) Perché la frase “lascia stare, faccio io”, per te significa: “lascia stare, faccio io” e per lui significa: “lascia stare, fai tu dopo”? 

RISPOSTA: Se sei maschio lo sai perché. Se sei femmina, te lo domandi. 

5) Perché sei una donna senza dignità, senza personalità e senza creatività? 

RISPOSTA: Perché alla fine sei sempre tu quella che fa il caffè. 

6) Perché piuttosto che cambiare un pannolino lui si farebbe cadere un pallo? 

RISPOSTA: Perché tanto non si noterebbe la differenza. 

7) Perché la frase “mi fermo a fare benzina” per te significa “mi fermo a fare benzina” e per lui significa “vado a prendere l’aperitivo con gli amici”? 

RISPOSTA: Perché non hai fantasia. 

8) Perché qualcuno è riuscito ad arrivare al tuo blog digitando “piastra cucina omphalos” su Google? 

RISPOSTA: Chiedi a Google. 

9) Perché prima fate i figli e poi vi lamentate? 

RISPOSTA: E chi si lamenta, maremma maiala er budello de tu’ ma’!

10) Perché se tua figlia deve pisciare lo fa su di te, se deve cacare lo fa su di te, se deve vomitare lo fa su di te? 

RISPOSTA: Perché la tieni sempre in braccio, Einstein. 


11) Perché i bambini dormono a culo a ponte?  

RISPOSTA: Ringrazia che dormono. 


12) Perché le altre mamme giocano, le altre mamme inventano, le altre mamme cantano, le altre mamme ridono, le altre mamme ritagliano?

RISPOSTA: Perché sono, appunto, le altre mamme 

13) Perché anziché scrivere cazzate su un blog non vai a stirare due pantaloni? 

sabato 19 ottobre 2013

I 7 CARTONI ANIMATI CHE MI HANNO FATTO DIVENTARE LA DONNA CHE SONO



1) Mimi Ayuara 


La Bin Laden del Volley, l’integralista della schiacciata. Generazioni di pallavoliste hanno lasciato sul parquet delle palestre interi strati di epitelio, nel tentativo di emularla. Secerneva litri di sudore, sangue, lacrime e il perché lo sa bene chi, come me, ha provato ad allenarsi con le catene ai polsi. Sacrificio e cilicio: altro che quelle galline mesciate delle Winx, che con un colpo di chiappa e un filo di mascara salvano il mondo per poter uscire tranquille il sabato sera col fidanzato. 
Anche Mimì aveva un fidanzato, ma muore. L’amore per la pallavolo però è più forte della morte. Morale: i fidanzati muoiono, ma questo non deve impedirti di fare sport. 


2) Candy Candy 



Ammettiamolo: era una gran scassaminchia e aveva un’acconciatura ignobile (due batuffoli di zucchero filato al posto delle code). Ci inteneriva perché avevamo capito che il suo problema non erano i capelli, bensì il fatto che portava sfiga. Sfighe sentimentali, soprattutto; prima le muore il fidanzato (e fin qui, nulla di nuovo), un deficiente che aveva i capelli biondi fuori e dentro la testa: l’elegantone sale a cavallo subito dopo che una zingara gli ha predetto che morirà giovane. 
Poi Candy, l’Angelo Sterminatore con le lentiggini, incontra quel figo di Terence a cui andava tutto bene, finché non ha conosciuto lei: ed ecco che Terence litiga col papà e finisce col fare l’attore di strada. Ma meno male che se n’è andato in tempo! La sfiga di Candy Candy si abbatte quindi sulla povera Patty, a cui muore il fidanzato, l’incolpevole Steve, che si schianta con l’aereo. 
Candy Candy diventa infermiera, per lo sgomento di tutti quei poveri disgraziati che se la ritroveranno al capezzale giocandosi così ogni speranza di guarigione. 


3) Lady Oscar

È la storia di un papà che non vuole che la sua bambina si strizzi dentro abiti attillati, vada a ballare e dia confidenza ai maschi. Piuttosto, meglio morta in duello. Fortunatamente, non esistono papà così. A parte quello delle mie figlie. Vi state chiedendo che fine faccia André, il fidanzato di Lady Oscar? Non lo volete sapere. 





4) La principessa Zaffiro




Per complicatissime ragioni dinastiche è costretta a fingere di essere un principe e così non può slinguazzarsi il compagnetto di gioco. Il quale, stranamente, non muore. In ogni caso, sarebbe stato più misericordioso farlo schiattare, anziché condannarlo al ruolo del fidanzato che non sa nemmeno di essere il fidanzato del suo migliore amico. Questi autori giapponesi avevano ovviamente un conflitto irrisolto con la loro omosessualità e probabilmente lo hanno causato anche a intere generazioni di figli degli anni Ottanta. 


5) Mazinga Zeta 

June che pilota Venus Alfa: la mia fashion guru, la mia icona di stile. Per anni sono stata ossessionata da un dettaglio fondamentale del suo equipaggiamento. No, non le tette rotanti (“Razzi fotonici!”): ero ipnotizzata da quei meravigliosi stivali bianchi che portava con la minigonna. Ho provato a fabbricarmeli di stoffa e li ho indossati, un glorioso pomeriggio autunnale della mia infanzia: ma non sembra che questo abbia influito sul corso della mia esistenza. Nondimeno, anni dopo ho sperato invano che qualcuno esclamasse “Razzi fotonici!” alla vista delle mie tette. 


6) Lamù

Qui liquidiamo interi capitoli della storia dell’emancipazione femminile; altro che Femen, femminismo e Women power: Lamu è una che se ne va in giro in costumino succinto anche d’inverno e questo per richiamare l’attenzione di Ataru il coglione (lei lo chiama “tesoruccio”) del quale, inspiegabilmente, è innamorata. Ha stuoli di ammiratori sbavanti ma a lei interessa solo quello che va dietro a tutte le altre femmine dell’orbe terracqueo. Benché sia un’aliena, la sentiamo sorella. Ci piace perché è una di noi. Una legittima consorte. E, particolare non indifferente, non resta vedova a metà della serie. 


7) Arale

Questo cartone animato era del tutto insensato. Poi, crescendo, ti rendi conto che aveva qualcosa di metafisico. Due cose, in particolare: 

a) Arale che, durante gli intermezzi tra una scena e l’altra, importuna una grossa cacca rosa e prova a rimestarci dentro con un bastoncino. 

b) Il fratellino volante Gacchan, che non ha un ruolo narrativo ben preciso: si limita a a rosicchiare qualunque cosa gli capiti sotto tiro. 

Queste due cose vogliono pur dire qualcosa, ti sarai detta, ma cosa? Qualche anno dopo, quando tua figlia avrà ingoiato un calabrone, masticato l’iphone e macerato con la saliva la tua giacca di pelle, capisci che hai avuto Gacchan tutto il tempo dentro di te, senza saperlo. Finché non è uscito, sotto forma di tre bambine. 
E Arale? Arale è una metafora: non c’è donna che, almeno una volta nella vita, non si sia messa a rimestare nella merda, così, senza un perché. Perché la merda è come l’abisso: ti repelle e ti attrae allo stesso tempo. Se trovi un bastoncino, ci rimesti dentro. Sempre meglio che pestarla, no?

giovedì 17 ottobre 2013

L'ospite è sacro


- Ariane! 
- Solal! 
- Dov’è il telefono? 
- La neonata l’ha gettato nel gabinetto. 
- Ah. E perché alla tastiera del mio computer manca un tasto? 
- Hai tre bambine che circolano per casa a piede libero. La risposta non è dentro di te, è attorno a te.
- Ah. E perché la chiami ancora neonata, se va in giro a gettare telefoni nel cesso? I neonati non camminano e non telefonano. 
- Per pigrizia. 
- Ah. E perché il soffitto è pieno di ragnatele, il lavandino è coperto da un limo verde e sotto il divano prospera una popolosa colonia di mimimmi? 





- Perché siamo una famiglia ecofriendly e gli esseri viventi, comprese le colture batteriche e i mimimmi, sono i benvenuti in casa nostra. 
- Ah. Siamo sicuri che sia legale? 
- No. Ma nessuno verrà mai a controllare. 
- ... 
- ... 
- Ariane? 
- Solal? 
- Sento che qualcosa non torna. 
- Eh, io so cosa. 
- Cosa? 
- La spazzatura.
-  Eh? 
- Devi buttare la spazzatura, Solal. Anche quella arretrata. 
- E i mimimmi andranno via? 
- Perché vuoi che vadano via? Sono un popolo pacifico. 
- Toccherà dichiararli all’anagrafe. 
- Allora dovremmo dichiarare anche il limo. 
- Non è una creatura vivente. 
- Non ci giurerei. Mi ha appena chiesto dov'è il suo spazzolino da denti.
- ...




domenica 13 ottobre 2013

Regina di cuori

Alice rise: "È inutile che ci provi, non si può credere a una cosa impossibile." "Oserei dire che non ti sei allenata molto", ribatté la Regina. "Quando ero giovane, mi esercitavo sempre mezz'ora al giorno. A volte riuscivo a credere anche a sei cose impossibili prima di colazione".

 (L. CARROLL, Alice nel paese delle meraviglie) 


6 cose impossibili a cui potrei credere prima di colazione se solo mi allenassi un po’. 

1. E' stato finalmente scoperto un vaccino contro l'analfabetismo funzionale. Ha reazioni avverse solo su chi non è capace di leggere e capire il bugiardino. 

3. Sul lungomare della Riviera Jonica si circola esclusivamente in bicicletta, si piantano tamerici e oleandri, si abbatte qualunque oggetto di cemento armato edificato dopo il 1960.

4. Gli scienziati hanno scoperto che i bambini che si nutrono prevalentemente di bastoncini e sofficini fritti poi vanno bene in matematica. 

5. Gli uomini non hanno più paura delle donne. 

6. Il sabato sera, mio padre porta mia madre a ballare. 


E se mi sforzo MOLTISSIMO potrei credere anche alle 

Sei combinazioni magiche impossibili

1. Le punture di zanzara sciolgono la cellulite. 

2. L’allattamento al seno è un toccasana per le mammelle. 

3. Se soffi sugli occhi di un bambino, egli si addormenta all’istante. 

4. Ogni volta che ti viene il raffreddore, ti si tonifica un gluteo. Non necessariamente sempre lo stesso. 

5. Hai quarant’anni ma ne dimostri venti. 

6. Sulle tetre e piovose cittadine del nord-est, a maggio splende sempre il sole. 

giovedì 10 ottobre 2013

Maieutica

- Ecco, ho finito ragazzi. Copiate dalla lavagna.
- Ehm, scusi prof?
- Sì, teneri virgulti le cui menti malleabili sto forgiando con le mie lezioni per fare di voi gli uomini e le donne di domani?
- Ehm, che cos’è, prof?
- Cos’è cosa?
- Cos’è quella cosa che dobbiamo ricopiare?
- Quella cosa? Ci ho impiegato mezzora a riempire la lavagna con quello che non esito a definire un capolavoro di didattica applicata e tu mi chiedi cos’è?
-  Ehm, prof?
- Sì, secchione del primo banco con il doppio cognome e la faccia devastata dai brufoli - ma ti prometto che poi vanno via - dimmi?
- Neanch’io ho capito cos’è.
- Neanche tu. Vediamo. Secondo voi di cosa si tratta? Su su, non siate timidi.
- Ehm...una pittura rupestre?
- No.
- La pianta della della metropolitana di Parigi?
- No.
- Lo schieramento dell’esercito romano durante l’assedio di Alesia?
- No.
- ...
- ...
- Ragazzi, mi pare ovvio: ho appena schematizzato in modo chiaro ed esaustivo le quattro coniugazioni attive e passive latine.
- ...
- Ma quella è una esse, prof?
- No, è una elle.
- E quella è una erre?
- No, è una ti.
- ...
- ...
- Prof?
- Sì?
- C’è lo schema a pagina 341del libro di testo, possiamo copiare quello?
- Ah, c’è lo schema a pagina 341.
- Sì. Lo specchietto dei verbi latini.
-  ...
- Con tutti i verbi attivi e passivi.
- ...
- Ah, ci sono tutti.
- Sì prof.
- Allora copiatevi lo specchietto del libro.
- Grazie prof.
- Peccato però. Era uno schemino così bello. Posso cancellare?
- Aspetti prof che lo fotografo con l'iphone.
- Perché vuoi fotografarlo?
- Lo dobbiamo aggiungere agli altri. Quelli del gruppo su Facebook.
-  Quale gruppo su Facebook?
- Il gruppo “Regala un sorriso a uno schema della prof Ariane: aderisci anche tu alla campagna di adozioni dei suoi schemi incomprensibili!”.
- Campagna di adozioni?
- Sì. “Se lo adotti, lo capisci”.
- Se lo adotti.
- Il gruppo ha già un sacco di iscritti. Praticamente tutte le sue classi.
- ...
- Ha avuto un successone, prof. 
- Pensi che c'è gente che è riuscita a decifrare anche quello sull'ablativo assoluto.
- Cioè avete aperto un gruppo su Facebook e ci postate i miei schemi?
- Non è lei quella che predica un uso consapevole dei social network da parte di noi giovani menti instabili?
- ...
- Ce l’ha fatta a maccheroncino, oramai, co’ ‘sta storia dell’uso consapevole.
- ...
- Con rispetto parlando, prof.
- Che poi, in latino si dice “absit iniuria verbo”, come lei ci ha insegnato, prof.
- ...

venerdì 4 ottobre 2013

Mater dolorosa

Sono madre universale: miei sono i figli che chiudono gli occhi la sera sul loro cuscino, contro la mia pelle; miei sono i figli che li chiudono nell’acqua e nelle fiamme, tra le urla. 

Sono sorella universale: era carne della mia carne quella che adesso galleggia in mare, nella pancia dei pesci, nello scafo di una barca. 

Sono moglie universale: i miei mariti sono partiti e non sono più tornati. 

Sono un essere umano: piango oggi i miei morti. 

Ma domani non dimentico che quella che affonda nei mari, da anni, è l’umanità.


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martedì 1 ottobre 2013

ESERCIZI SPIRITUALI: Le 10 virtù necessarie per fare durare un matrimonio

1) FEDE
Crederci. Credete nel vostro matrimonio, suvvia, fate un atto di fede: se c’è gente che crede nell’Immacolata Concezione e in san Giuseppe falegname, allora voi potete credere nel sacro vincolo, nell’amore sempiterno e nella vostra sempiterna, infrangibile e incrollabile tolleranza.

2) SPERANZA
Dopo averci creduto, cedete: cedete sempre, cedete con grazia o malagrazia ma cedete; credetemi, non lo convincerete mai a buttare la spazzatura, a cambiare un pannolino, a concedervi il telecomando, a lasciarvi scegliere la destinazione della gita fuori porta. Prendetelo come un fatto di natura. Tirate un lungo respiro. Poi tiratene un altro. Bevete un goccetto. Adesso portate fuori la spazzatura.

3) CARITÀ
Quando la mattina scaracchierà nel lavandino ripulendosi le cavità oscure, espettorando grumi organici, sgargarozzando come un leone dopo un pasto a base di gazzella decomposta ed emettendo sfiati sonori da vari orifizi, glissate con eleganza e mantenete il vostro aplomb. Informatevi con gentilezza se ha finito con le sue abluzioni mattutine e chiedetegli se adesso anche voi potete sciacquarvi gli occhi. Poi vomitate con discrezione nel lavandino di cui sopra.

4) LUSSURIA (sì lo so, non è una virtù)
Usate biancheria intima provocante e coordinata anche la domenica mattina mentre passate l’aspirapolvere. Da bandire assolutamente le mutande con l’elastico che segna il gluteo floscio; optate piuttosto per le autoreggenti: l’effetto insaccato tremolante non farà certo desistere il cinghialone dai suoi propositi porcigni; il cinghialone vuole la cinghialona, meglio ancora se sotto forma di insaccato.

5) PRUDENZA
La locuzione “caro scusami, ho un tremendo mal di testa” lo fa piombare negli abissi insondabili dell’insicurezza virile, anche se la usate solo per giustificare il fatto che neanche stavolta avete capito la sua spiegazione sulle regole del fuorigioco. Questa espressione francamente abusata è da evitare assolutamente, a meno che non stiate declinando il suo invito a guardare insieme la partita di Champions: lui ve lo chiede solo pro forma, voi vi nascondente dietro una finta emicrania, tutti e due andate soddisfatti per la vostra strada e le apparenze sono salve. Ma badate bene: in qualunque altro frangente, il vostro mal di testa sarà preso per quello che è: un insulto trasversale e subdolo alle sacrosante e fisiologiche esigenze della sua prorompente virilità.

6) FORTEZZA
Tavoletta del cesso, tubetto del dentifricio, refrattarietà ai sabato pomeriggio di shopping: piccole e grandi manie domestiche che avvelenano il quotidiano di ogni coppia; ma che ve ne frega se piscia a raggiera, se abbandona i calzini sporchi sotto il letto, se nottetempo vi svuota il frigo e la dispensa e non risparmia nemmeno gli omogeneizzati della neonata e le merendine? Un uomo ha le sue esigenze, non frantumategli la uallera con le vostre continue lamentele; Carlo Magno ha ripudiato Ermengarda per molto meno.

7) GIUSTIZIA/1
Sono le otto di sera: con un braccio reggete una neonata, con l’altra mano scolate la pasta; le altre bambine si defatigano sfondandovi il divano e i timpani con salti e urla. Non vedete l’ora che il vostro legittimo consorte rientri dall’ufficio per potergli lanciare direttamente dalla cucina neonata, mestolo e divano in testa. Lui finalmente arriva, entra in casa e va a dare una controllatina alla sua timeline. Poi, in preda a un’estrema urgenza, vi lascia alle prese con i vostri demoni e si rifugia in bagno. Quando riemergerà, dopo venti minuti, si lamenterà perché la pasta nel piatto è scotta. Quello è il momento in cui si decidono le sorti di un matrimonio. Fermatevi, stolte: cosa volete fare? Scaraventare un marito sul marciapiede? Vi potrebbero multare per danni all’arredo urbano. Sorridete con garbo e chiedetegli come è andata la sua giornata. E state tranquille: c’è un Dio che tutto vede e che prima o poi giudicherà.

8) TEMPERANZA
L’algido atteggiamento con cui tiene a distanza i vostri familiari vi ferisce? Le vostre sorelle sono convinte che abbiate sposato uno stronzo anaffettivo? Vostra madre si chiede come mai lui non l’abbia chiamata per il suo compleanno? Non importa. Continuate a curare i rapporti con la Supersuocera e scusatelo con i vostri familiari raccontando dei terribili abusi che ha subito durante l’infanzia, come quella volta che non gli comprarono il costume da uomo ragno per la festa di carnevale. La scorza coriacea del fetente adulto proviene dai traumi infantili. Si sa.

9) GIUSTIZIA/2
Amore è non dover mai dire “mi dispiace”. Quindi non ditelo, nemmeno quando per sbaglio calpesterete il suo cd di Fifa 2013 frantumandolo in tanti bei pezzettini. Dev’essere Dio che ha guidato i vostri passi.

10) DIVINO AMORE
Amatelo senza riserve. Lo avete scelto quando il suo giro vita era la radice quadrata di quello attuale. Pensate che per lui sia facile aver assunto le dimensioni di un menhir? 
Perdonate i suoi peccati veniali e assolvetelo da quelli mortali. Anche lui rimetterà a voi i vostri debiti. Si chiama pane quotidiano. Oppure matrimonio.