giovedì 28 novembre 2013

Prenda pure una cadrega...

Gita scolastica in Trentino. 

- Eccoci qua: tutti presenti, tutti seduti; possiamo andare. Mi scusi, autista, a che ora arriveremo a destinazione? 
- Tra due ore, professoressa. 
- Ariane, vieni a sederti qui davanti con me e Alberto, così chiacchieriamo un po’ durante il viaggio.
- Grazie, Caterina, ma preferisco stare qui dietro a schiacciare un pisolino. Recupero un po’ di sonno perso. Sai, la neonata. 
- Nessun problema. Alberto, di cosa chiacchieriamo per due ore io e te? 
- Non so, Caterina; hai qualche pettegolezzo sui colleghi? Malattie, corna, accoppiamenti? 
- Io no; e tu? 
- No. 
- Ah; che ne dici allora se ci scambiamo qualche luogo comune sui meridionali, per ingannare il tempo?
- Che bella idea! Comincia tu. 
- I colleghi terroni li riconosci subito perché girano per la scuola con lo sguardo sperduto, perennemente depressi come uno che è stato appena eliminato agli Home Visit. 
- E poi sempre a lamentarsi del clima: e qui fa freddo, e qui piove sempre... 
- Eh! Perché loro hanno lu sole, hanno lu mare... 
- Se gli chiedi “come va?” ti scoppiano a piangere in faccia perché gli manca la mamma, gli manca il fidanzato, gli manca lo sfincione... 
- L’anno scorso ce n’era una che si teneva la stufetta accesa in classe anche a maggio. 
- Che poi, se qui soffrono così tanto, perché non se ne restano nella loro terra? Hanno lu sole, hanno lu mare... 
- Hanno la disoccupazione...
- Eh, ma vuoi mettere i pomodori profumati? Non come quelli nostri, che sanno di cartone! Che poi, se vengono a stare qua, va a finire che gli tocca pure lavorare. 
- Hai sentito che alla Regione Sicilia hanno speso un milione di euri per fare i corsi di formazione per maestri di sci? E poi li hanno assunti: maestri di sci dipendenti della Regione! 
- Certo, con tutta quella neve che hanno! 
- Lu sole, lu mare, la neve... 
- Tutti a sciare sull’Etna! Coi maestri di sci pagati dalla Regione. 
- Vedrai che l’anno prossimo ce li ritroviamo qui sulle Dolomiti, i maestri di sci della Regione Sicilia. 
- Quando si tratta di spendere schei, sono dei fantasisti. 
- I schei degli altri. 
- I nostri schei. 
- Tutti i nostri bei schei spesi per mantenere maestri di sci sull’Etna. 
- E le nostre montagne vanno in malora, che ce le invidiano in tutto il mondo. 
- Eh, ma loro ci hanno lo Statuto speciale. 
- Altro che Statuto speciale; io la sorveglianza speciale gli darei, altro che.
- ... 
- ... 
- E senti, Alberto... 
- Sì? 
- La nostra collega qua dietro, Ariane, hai sentito che strano accento che ha? Non mi sarà mica una terruncella pure lei? 
- Sicuro non è di qua: una volta le ho sentito dire al bidello una cosa del tipo “scendi lo scatolo in palestra”. 
- E che lingua è? 
- Boh. 
- Però io so che ha sposato uno di qua. 
- Guarda che loro sono furbi, eh? Fanno i matrimoni misti così ottengono subito la cittadinanza.
- Comunque, deve essere terrona: la prova è che dorme in servizio. 
- Lei dorme e noi siamo qui a lavorare; allora è terrona. 
- Eh, ma magari è un caso. 
- No, guarda: c’è il riscaldamento acceso ma lei non s’è tolta nemmeno i guanti; è lì che dorme col giubbotto addosso. 
- Allora l’è proprio terrona. Quanti figli hai detto che ha? 
- Tre figlie femmine. 
- Eccola là. L’è terrona di sicuro.
- Effettivamente, tre indizi fanno una prova. 
- Eh, non si scappa. Li riconosci subito, anche se provano a mimetizzarsi. La razza l’è la razza. 
- Eh, già.

martedì 26 novembre 2013

Questi sono i miei auguri, sorella

Quando è nata io c’ero ma non me lo ricordo. 

Quando aveva tre mesi sono passata di sera nella sua cameretta, le ho messo il cuscino sulla faccia e le ho rimboccato lenzuolino e copertina sopra il cuscino; poi sono uscita dalla stanza chiudendo bene la porta. Non so perché, ma è ancora viva. 

Quando aveva tre anni io ne avevo sei, ma non giocavo con lei. 

Quando aveva sei anni, io ero Jo di “Piccole Donne”, lei Amy. 

Quando aveva sette anni, ha cominciato a giocare a pallavolo per merito mio e io per merito di Mimì Ayuara. Ma lei era più brava sia di me che di Mimì. Infatti non ha più smesso. 

Quando aveva dieci anni era scheletrica e ossuta e se al mare entrava in acqua fino alle ginocchia, da lontano sembrava un fenicottero rosa. 


Quando aveva tredici anni era ancora scheletrica e ossuta, però era diventata bellissima. Io invece ero un’adolescente-ragno: mi erano cresciute le braccia, le gambe e il naso. Le tette no. E non lo hanno mai fatto. Le sue invece sì. 

Quando aveva quindici anni lei viveva nel suo universo, io nel mio. Comunicavamo solo per litigare: 
Spegni la luce! 
No, devo finire il libro! 
Ho detto spegni la luce!  
No! 
Stronza! 
Stronza! 

Quando aveva diciotto anni è andata via di casa: si è trasferita dall’altra parte dell’isola e non ci siamo viste per un po’. 

Quando aveva vent’anni, era la più bella. 
Tanto non dura, mi dicevo. 
E’ durata. 

Quando aveva ventiquattro anni, si è fatta male al ginocchio. Io ne avevo ventisette e mi ero fatta male al cuore. Siamo guarite insieme, condividendo la vecchia cameretta e le sigarette. 

Quando doveva fare scelte importanti, io non le ho mai detto: stai sbagliando. Avrei dovuto farlo.

Quando è morto Bastiano, lei c’era. Io no. 

Quando mollava un fidanzato, ne trovava subito un altro. 

Quando aveva trent’anni, le ho prestato dei libri da leggere. Non me li ha più restituiti. 

Quando è diventata mamma anche lei, ha capito. 

Quando sono andata a vivere lontana, non era d'accordo. 

Quando non mi chiama per mesi, io non la rimprovero. E viceversa. 

Quando torno a casa, d’estate, mi accorgo di quanto mi manca durante il resto dell'anno. 

Quando ha compiuto trentasette anni, io le ho fatto gli auguri così.





lunedì 25 novembre 2013

Minima memoranda

Un bicchiere di vino buono che non ti sai spiegare, perché non te ne intendi. 

Il tuo alunno dell’ultimo banco che alza lo sguardo e sorride, pensando a chissà cosa. 

La domenica pomeriggio, tu che guardi un film qualunque con Gerard Butler, i resti della colazione del mattino sparsi intorno. 

Le bambine che colorano concentrate, in silenzio, prima che vengano a mostrarti il disegno. 

Il bidello che ti apre la porta al mattino col suo caldo “Professoressa, in ritardo anche oggi?”. 

La signora che ti incontra per strada e benedice per te la Madonna perché hai tre bambine appese al passeggino. 

Tuo marito che attraversa la stanza e accidenti, la sua sagoma non vuole invecchiare. 

La linea della matita sull’occhio, per una volta diritta e ben disegnata. 

La neonata che dice bauuu guardandosi allo specchio. 

La telefonata della mamma che chiama anche se non ha niente da chiedere. 

Il battito in più del tuo cuore ogni volta che clicchi su “pubblica il post”. 

Il freddo scricchiolante delle terse mattine invernali. 

Il parabrezza ghiacciato dell’auto, non mi ci abituerò mai. 

Il libro di I. B. Singer che continui a perdere e a ritrovare in un cantuccio, una borsa, un ripiano, un cassetto, perché Bianca ama nasconderlo. 

Ecco, questi sono i miei futuri ricordi di oggi.

mercoledì 20 novembre 2013

Mammina cara

Perché le mamme amano. 
Le mamme coccolano. 
Le mamme curano. 
Le mamme ritagliano. 
Le mamme baciano. 
Le mamme cantano.
Le mamme incoraggiano. 
Le mamme premiano. 
Le mamme ridono. 
Le mamme gorgheggiano. 
Le mamme costruiscono. 
Le mamme abbracciano. 

E, ogni tanto, le mamme mentono. 
A se stesse, soprattutto. 

Oggi, questa mamma vi dice per una volta la verità: 

Questa mamma, la sera, si rompe le palle a leggere la storia della buonanotte. Se proprio non ne può fare a meno, legge la storia velocemente, senza intonazione, senza prendere fiato, senza rispettare la punteggiatura, senza fare le faccette, senza mimare la voce del lupo cattivo e nemmeno quella dei sette caprettini. 
A volte, questa mamma accende il computer, fa partire una delle Fiabe sonore e si congeda dalle figliole con un laconico: “E adesso state zitte, ascoltate la storia, rimanete sotto le coperte e addormentatevi”. Poi spegne la luce e se ne va. 

Questa mamma, quando le sue figliole vomitano, le accompagna in bagno, posiziona la loro testa sul gabinetto, si allontana a distanza di sicurezza e aspetta che abbiano finito. Col cavolo che mette loro la mano sulla fronte (che poi, a che serve 'sta mano sulla fronte?). Questa mamma, infatti, quando vede qualcuno vomitare, vomita. 

Questa mamma pensa che la neonata, a volte, assomigli in modo preoccupante a Superslot dei Goonies. E glielo dice con sincerità. 



Questa mamma chiama “troll” la sua seconda figlia. Non è perfidia, è sano realismo: la creatura, infatti, rutta, scoreggia e regala caccole; se avesse una clava, ci picchierebbe la neonata. Invece deve accontentarsi delle mani nude. 

Questa mamma pensa che la sua prima figlia sia terribilmente stonata. Quindi, quando ella canta, le tappa la bocca dolcemente e le dice: “Abbi rispetto per le mie Trombe di Eustachio!”. 

Questa mamma piazza le bambine di fronte alla televisione e lascia che guardino orribili cartoni postmoderni come Leone cane fifone. Quando le bambine provano a spegnere la tv, questa mamma le rimprovera e intima loro di vederne almeno altre tre puntate. E questo per poter leggere con calma l’ultimo post su levipere.com, noto sito di gossip velenoso e liberatorio. 

Questa mamma ritiene che il martirio dei Santi Vittore e Corona sia nulla in confronto al supplizio di dover giocare con le bambine, accompagnarle a pattinaggio, in piscina, a inglese e fare loro il bagnetto. Almeno i Santi vanno in Paradiso. Ma dove vanno a finire le mamme stanche? 



Questa mamma, la domenica mattina, vorrebbe rinchiudere le tre figliole nell’armadio o nella cesta dei giochi o in dispensa, per trombare in santa pace con il loro papà. 
Beh? Cosa ci sarebbe di tanto immorale? Ho detto con il loro papà, mica con l’idraulico. 

Questa mamma una volta ha mandato la bambina all’asilo senza mutande, ha finito i calzini puliti da una settimana, non ha ancora comprato il libro di solfeggio, il martedì mattina dimentica che c’è ginnastica e sceglie sempre quel giorno per mandare a scuola la bambina vestita come Charlotte Casiraghi al ballo della Croce Rossa.



Questa mamma confessa inoltre di lasciare che le figliole facciano abuso di sostanze nocive (principalmente la crema alla nocciola universalmente nota come N****** e i bastoncini e i sofficini fritti della F*****). 
Perché lo fa? Per fare prima. 

Questa mamma avrebbe ancora tanto da aggiungere ma non può; deve andare ad aprire la porta, stanno bussando i Servizi Sociali (o è forse l'idraulico?). 

No, non è vero. Stavo scherzando: la verità è che è finito Leone cane fifone e mi tocca andare a cambiare canale.

P. S. 
Tranquilli.

martedì 19 novembre 2013

Un'amica

Appartengo a quella disgraziata categoria di persone che non riescono a tenere i rapporti a distanza; io gli amici li chiamo solo quando ho qualcosa da chiedere o da raccontare; le telefonate periodiche tanto per sapere come va, bene grazie e tu? quelle proprio non riesco a farle: sollevare la cornetta del telefono diventa un’impresa da Argonauti. 
Per questo mio difetto, negli anni, sono stata depennata, come amica, dalle liste di un sacco di gente: mi hanno tenuta solo i vastasi come me, quelli che non hanno bisogno di rinfrescare ogni tanto il rapporto come si fa con la pasta madre. 

Una di quelle rare amiche, pigre come me, che mai ha pronunciato le fatidiche parole (“Non ti fai mai sentire”), non la chiamo da un pezzo. Oggi è il suo compleanno. Un compleanno speciale, uno di quelli che non si compiono ogni anno, bensì ogni dieci. Non ho bisogno di telefonarle o di sentirla per sapere che io e lei siamo ancora in sintonia, come quando condividevamo i banchi di scuola. Faccio lunghe chiacchierate con lei, mentre soffriggo la cipolla o cambio un pannolino; lei però non lo sa. E’ rimasta uguale, la mia amica: magra e flessuosa come a diciotto anni, il viso tondo come una mela e, in mezzo a quel viso, l’unico nasino all’insù non odioso in cui io mi sia imbattuta; e poi quegli occhi azzurro-lago d’estate, ombreggiati dal più stupefacente paio di ciglia ricurve, folte e marroni, che la Sicilia Orientale ricordi. E la sua naturale eleganza, di quelle che non ti regala nessuno, se non Madre Natura. Una normanna di gran classe tra grossolani tipi mediterranei; una ragazza speciale, insomma. Che però non aveva capito di essere speciale. 

Gli anni passano per tutti, anche per le esili ninfe. Ma mi basta chiudere gli occhi e quella ninfa, che oggi compie quarant’anni, mi appare ancora con la sua figura aggraziata, in costume e pareo, che mi aspetta sul molo di Vulcano, coi lunghi capelli color sabbia carezzati dal vento, come nella migliore tradizione delle apparizioni di ninfe sui moli. Generosa come sempre, quella volta mi offriva ospitalità per una notte, unica tappa a Vulcano della mia peregrinazione per le Isole Eolie, mentre inseguivo qualcuno che, fortunatamente, non si è fatto acchiappare. 

Quel pomeriggio, a Vulcano, ci siamo raccontate gli ultimi passi falsi compiuti in amore e nella vita, le occasioni mancate per paura, quelle sprecate per aver preso male la mira; gli errori di calcolo o di prospettiva, le ambizioni sbagliate, gli sbagli evitati per un pelo, quello che avremmo voluto e quello che non sapevamo di volere. 
In quel pomeriggio c’era la giovinezza, la mia e la sua, e io ero felice di essere sua amica. 

Lo sono ancora, anche se è passato tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo sentite. 

lunedì 18 novembre 2013

Nativi digitali


- E cosa pensate che abbia fatto Cesare, quando, finalmente sconfitto Pompeo, forte delle vittorie in Oriente e ormai unico padrone di Roma, pose fine alla guerra civile? 
-  ... 
- Avrebbe potuto fare come Silla, che si vendicò col sangue dei suoi nemici; invece Cesare, che era personaggio di ben altra levatura, pensate, perdonò coloro che lo avevano combattuto e perseguì la pace sociale. Niente vendette, niente rappresaglie, niente liste di proscrizione. Solo concordia ordinum
- LOL. 
- Cosa hai detto, Michele? 
- Ho detto: LOL, prof. 
- Lol? E cosa significa lol? 
- Significa Lot Of Laughs. Tante risate. 
- Tante risate? 
- Sì. Non è bello che Cesare perdoni tutti i suoi nemici? 
- Sì. Sarà pure bello, ma da qui a farsi tante risate... 
- A me mi fa ridere. LOL.
- ...
- ... 
- Comunque, ragazzi, non divaghiamo. Mi fate perdere il filo del discorso. Che stavo dicendo? 
- La concordia ordinum, prof. 
- Grazie, Martino, secchione del primo banco. Dunque: tornato a Roma, Cesare si affrettò ad attuare alcune riforme amministrative... 
- Prof? 
- Sì - ragazza silenziosa dell’ultimo banco che non non parla mai a meno che io non la interpelli e della quale dopo due mesi non ho ancora imparato il nome - dimmi cara: sono contenta che tu abbia finalmente trovato il coraggio di intervenire.
- Ehm, prof, ma lo sa che lei assomiglia tantissimo ad un’amica di mia madre? 
- Che? 
- Sì, prof: è uguale precisa. Parla come lei, è alta come lei, ha gli stessi capelli. Vi vestite pure uguale.
- Ah, ma davvero. 
- Sì, anzi, ora che ci penso, vi somigliate troppo; mi fa impressione. Ho paura. Mi sto sentendo male. Posso andare, in bagno, prof? 
- Vai in bagno, per carità. 
- ... 
- ... 
- Bene. Torniamo a Cesare; prima che lo uccidessero in Senato alle Idi di Marzo, Cesare si dedicò ad alcune riforme... 
- Eh no, prof! Non si fa così! 
- Scusa, Michele? 
- Questo è uno spoiler! Non ce lo doveva dire come va a finire, ci rovina tutto il piacere! 
- Il piacere di che? Di cosa stai parlando? Lo sanno tutti come muore Giulio Cesare! 



- Eh, no! Non può raccontare il finale di una storia senza prima avvertirci. Deve dire: attenzione, quello che segue è uno spoiler. Così noi possiamo decidere di non ascoltare. 
- Ma quando mai? 
- Sul web si fa così. 
- Qui siamo in classe, non sul web! 
- Che c’entra. E’ questione di delicatezza. Ormai si usa così. 
- ... 
- Comunque, prof, non è difficile: basta che lei dica “spoiler!” prima di rivelare un finale; così noi ci possiamo tappare le orecchie.
- ... 
- Su, sia delicata. Non vorrà mica ferire i nostri sentimenti e soffocare il nostro desiderio di conoscenza?
- ... 
- Concordia ordinum, prof. Dobbiamo andare d’accordo.
- ... 
- L’ha detto Cesare, prima di morire. Perché tanto, grazie a lei, ormai s’è capito che muore.

domenica 17 novembre 2013

Piccole meninas crescono

- Solal, ma secondo te Bianca è intelligente? 
- A che le serve essere intelligente? Non vedi che è bionda? 
- Sono preoccupata, mi sembra che a cinque anni ormai dovrebbe aver imparato a parlare correttamente. Invece il suo vocabolario è estremamente povero; e poi non pronuncia le erre. Tutti i bambini intelligenti sanno pronunciare le erre. 
- Stai calma, Ariane: non vedi, è lì seduta in poltrona che legge un libro; che libro è, a proposito? 
La Certosa di Parma di Stendhal. 
- Ecco. E’ la prova che è intelligente. 
- Solal: tua figlia non sa ancora leggere. 
- Sì, ma sa fingere bene. C’ero cascato persino io. Diventerà un’attrice. 
- Un’attrice. 
- Sì. Un’attrice bionda, con gli occhi azzurri e un difetto di pronuncia. 
- ... 
- Il suo destino è geneticamente segnato, Ariane. Non dobbiamo più preoccuparci per lei. 
- ... 
- E nemmeno per la neonata. 
- Che ha la neonata? 
- Ha un anno, l’unica parola che dice è “bau” e poi mi sa che resterà un po’ cessa. 
- Ma non è cessa: è adorabile e simpatica. 
-Ariane, sai che fine fanno le figlie cesse ma adorabili e simpatiche, vero? 
- No. 
- Fanno le badanti dei genitori vecchi e infermi. 
-  ... 
- Tutto sommato non ci è andata male, Ariane. L’attrice ci mantiene, la badante si prende cura di noi. 
- E Giuditta? 
- Giuditta invece ci darà tante soddisfazioni. 
- Effettivamente suona molto bene il clarinetto. 
- No, non per quello; sarà un’ottima madre badessa. 
- Eh? 
- Certo. 
- Anche lei ha il destino segnato. La clausura. 
- Ah! Ah! Ah! 
- Cos’è che ti fa ridere, Ariane? 
- Penso alla tua faccia quando, tra vent’anni, scopriremo come è andata a finire veramente. Secondo me ci aspetta qualche sorpresa. 
- Non credo. Sono un devoto di Atahualpa, un Dio potentissimo che esaudirà le mie preghiere. Le sorprese le avrai tu che sei una donna senza fede.
- ...

martedì 12 novembre 2013

Las meninas

Identikit di tre bambine per nulla speciali 




Bambina n° 1 

Nome: Giuditta

Età: 8 anni 

Segno zodiacale: Vergine (per sempre, secondo il padre)

Segni particolari: somiglia al padre, è stonata come la madre. Dorme a occhi aperti.

Breve descrizione fisico-caratteriale: Longilinea, esile, aggraziata quando non si muove. Ha un’accentuata propensione alla sentenziosità moraleggiante, la testa fra le nuvole e una spiccata tendenza a frantumarti le palle con le sue continue richieste di condividere le attività ludiche. Brava, giudiziosa, assennata, sa sgranare gli occhioni con micidiale effetto “gattino di Shrek”. Innamorata di Saad, si è dichiarata, è stata respinta, ma l’ha presa con filosofia.
Il padre è pronto a cavare con tre dita gli occhi di chiunque provi a farle del male.


Bambina n° 2

Nome: Bianca

Età: quasi 5 anni

Segno zodiacale: Acquario (dove nuotano pacifici piranha)

Segni particolari: somiglia al padre, è stonata come la madre; costantemente dedita al carotaggio delle cavità nasali.

Breve descrizione fisico-caratteriale: occhi azzurri glaciali (geneticamente inspiegabili), chioma bionda inanellata (geneticamente inspiegabile), culetto parlante (nel senso che il suo fondoschiena è così perfetto che gli manca solo la parola). Le manca la parola (nel senso che è bella sì, ma non sa parlare), eppure i genitori non temono per il suo futuro, poiché diventerà un’attrice di fiction italiana, quindi l’eloquio fluente non sarà necessario. Nel caso, ci si affiderà  alla gloriosa tradizione del doppiaggio italiano. Inarrestabile come un caterpillar, fragile come un cristallo di Boemia, è bimba di contrasti e paradossi. E’ promessa sposa di Filippo, che forse non ha ancora del tutto realizzato il gran colpo di culo che gli è capitato. Quando lo farà, sarà probabilmente troppo tardi.
Il padre è pronto a estrarre a mani nude il cuore di chiunque provi a farle del male.



Bambina n° 3 


Nome: Costanza, detta anche la neonata.

Età: un anno o poco più.

Segno zodiacale: Bilancia (diventerà una squilibrata come sua madre).

Segni particolari: somiglia al padre, è stonata come la madre (si teme).

Breve descrizione fisico-caratteriale: piccola come una pulce, camminatrice precoce nell’indifferenza generale, gambe storte che la fanno somigliare a Olivia di Braccio di Ferro, solo più tozza. Forse un giorno diventerà una vera bellezza: per il momento invece “è simpatica”. Finora, è caduta da: il fasciatoio, il letto, il divano, il seggiolone, le braccia della mamma, il passeggino, la sdraietta, e ogni volta ha battuto la testa. Senza contare gli stipiti delle porte. Eppure è rimasta socievole e piena di fiducia nel prossimo. Assomiglia a un cucciolo di foca e sorride anche senza motivo; quando le sorelle la picchiano, non la butta sul personale. La casa, senza di lei, sembrava vuota. Non ha ancora trovato un partner ufficiale, benché la madre concupisca per lei un baronetto figlio di amici baronetti che però hanno già una lista d’attesa lunga quanto un rotolone Regina.

domenica 10 novembre 2013

Una groupie

Io vorrei conoscere personalmente un esponente a caso delle seguenti categorie di persone, stringergli la mano e chiedergli un autografo: 

- Quelli che riescono a mangiare la frutta martorana anziché limitarsi, come i comuni mortali, a dire: che bella, sembra vera! 

- Quelli che vivono sulla costa meridionale del Mediterraneo ma fanno il bagno a mare solo dal 21 giugno al 22 settembre, anche se ci sono 30 gradi e l’acqua è un brodo. 

- Quelli che lavano il vasetto di yogurt prima di differenziarlo. 

- Quelli che ridono alle battute di Lillo e Greg in Sei Uno Zero. 

- Quelli che raccolgono gli scontrini della Visa e poi fanno la somma per controllare se l’estratto conto è esatto. 

- Quelli che tutte le sere fanno il bagnetto ai propri figli. 

- Quelli che, ritornando indietro, rifarebbero esattamente le stesse cose. 

- Quelli che non hanno mai provato a rieducare il coniuge

- Quelli che postano le immagini delle Madonne e di Gesù Bambino sulla loro pagina Facebook. 

- Quelli che, all’aeroporto, si mettono in fila al gate mezz’ora prima che inizi l’imbarco, per poter essere i primi ad aspettare sull’autobus, e poi sull’aereo, che salgano tutti gli altri. 

- Quelli che scrivono blog di successo

- Quelli che i neonati li tengono in braccio solo il tempo necessario per spostarli dall’ovetto al fasciatoio, dal fasciatoio alla culla. 

- Quelli che nel proprio guardaroba non possono mancare le Hogan, la Louis Vuitton e il Moncler 

- Quelli che si comprano le Hogan, le Louis Vuitton e i Moncler taroccati

- Quelli che commentano il mio blog. 

- Quelli che riescono a ultimare una raccolta punti al supermercato, appiccicano i bollini sull’apposito tagliando rispettando i bordi, prenotano il regalo entro la scadenza e poi si ricordano di andarlo a ritirare.

- Quelli che riescono a smettere di allattare prima dei diciotto mesi. 

- Quelli che, alla festa di compleanno dei propri figli, consegnano agli invitati degli oggetti che definiscono in tutti i modi (pensierini, ricordini, regalini) tranne che nell’unico modo esatto: “bomboniere”

- Quelli che hanno ospitato tata Lucia, ne hanno seguito i consigli e non sono poi stati fatti a pezzi dagli stessi figli che li hanno diligentemente differenziati gettandoli nell’umido. 

- Quelli che in casa espongono, nell’apposita vetrinetta, la collezione di angeli della Thun. 

- Quelli che sanno utilizzare in maniera consapevole e pertinente il termine “disforico”. 

- Quelli che sanno utilizzare in maniera consapevole e pertinente il termine "bimbominkia".

- Quelle che al marito dicono “Se non posso venire anch’io, non ci vai nemmeno tu!”. E poi lui non ci va.

venerdì 8 novembre 2013

Le cose più assurde che hai fatto da bambina perché influenzata da cartoni animati immorali o libri di avventura ottocenteschi:



1) Allenarti a pallavolo con le catene ai polsi perché è così che fa Mimì. Deve uscire sangue, se no non vale. Hai costretto anche la tua amica Giuliana ad allenarsi con le catene. Poi però sua madre è andata a dirlo alla tua e hai dovuto smettere. 

2) Cavalcare il tronco quasi verticale di un albero come fosse un cavallo impennato perché sei segretamente innamorata di Furia cavallo del West che è nero come il caffè. 
Inforchi il tronco di volata, lo cavalchi a perdifiato, lo strigli e lo speroni pazzamente. L’albero, ci giureresti, ogni tanto nitrisce. Sempre se non è la cugina Patty che, all’occorrenza, fa anche il cavallo. 

3) Hai un cane che hai chiamato Lucky, ironia della sorte. Hai
deciso che in fatto di etologia il tuo modello operativo non è Konrad Lorenz, bensì il maestro Vitali, quello che ha addestrato Capi e Belcore (Rémy, storia di un minore abbandonato e costretto a mendicare). Il tuo mito assoluto è in realtà Zanna Bianca, ma ti resta quel briciolo di lucidità che ti fa distinguere la foresta del Klondike dal giardino di casa tua e poi sai che Lucky non avrà mai bisogno di combattere contro una lince. Provi in tutti i modi a insegnargli a camminare su due zampe, a passare con il cappello in bocca per raccogliere l’elemosina e a contare fino a dieci battendo con la zampetta, ma l’unica cosa che Lucky sa fare è abbaiare ai motorini che passano. Ti siedi per terra singhiozzando disperata per il tuo fallimento, mentre quell’ingrato si lecca le palle. 

4) Hai ascoltato i racconti di tuo padre che parla del periodo più
felice della sua vita: no, non il fidanzamento decennale con tua madre, ma il servizio militare. E cosa faceva durante il servizio militare? Marciava. Unò-duè, unò-duè, passo! Inquadri i bambini del quartiere in un miniesercito di cui tu sei l’inflessibile generale e costringi la truppa a estenuanti marce forzate attorno all’isolato. Per tutto il pomeriggio. E poi ancora e ancora. Chi si è lamentato? Il soldato semplice cugina Patty! Sinistr! Destr! Non piangere! un vero soldato non piange mai! È dura fare il generale. Spesso devi prendere decisioni impopolari, la truppa è stanca, i piedi sanguinano, ma tu lo fai per il loro bene, ti ripeti marciando incazzata. Poi ti giri e ti accorgi di essere sola; la cugina Patty e il resto della truppa ti hanno mandata silenziosamente a cagare e adesso sono a casa che fanno merenda con pane olio e zucchero. 

5) Ma perché a Tom Sawyer bastava girare dietro l’angolo di casa per piombare dentro una meravigliosa avventura a lieto fine, e invece tu, se niente niente provi a fare l’esploratrice, come minimo ti ritrovi dispersa per le campagne fuori dal paese e la gente è costretta a venire a cercarti di sera col buio e le torce elettriche e quando tua madre ti trova ti accoglie con “un bel cinque lire in faccia” che ancora hai il segno? 

6) Memore dei possibili pericoli che attendono gli esploratori incauti, a Pasquetta hai convinto sorelle e cugini a partire all’avventura scalando un costone di roccia che sovrasta il prato su cui un centinaio di persone stanno facendo il pic nic. 
-  Ariane, ma è pericoloso! 
- E se cadiamo? 
- Io ho paura, è troppo alto! 
- Fidatevi, conosco un metodo per salire sicuri: facciamo come gli scalatori, li ho visti in tv: ci leghiamo una corda intorno alla vita e così se uno cade gli altri lo reggono e lo tirano su! 

Mezzora dopo, le urla e il terriccio che piove dal costone sulle tovaglie imbandite avvisano gli ignari gitanti che cinque deficienti di dieci anni stanno rotolando giù, perfettamente legati l’uno all’altro con una corda, da un’altezza di almeno venti metri. Purtroppo, atterrano indenni sul prato, dando così ai genitori inferociti la possibilità di sfogarsi procurando personalmente agli intraprendenti fanciulli i lividi e le escoriazioni meritati.