martedì 11 novembre 2014

One way out


Comincia nel momento in cui la voce ti avverte: “Ci siamo. Adesso spinga, signora”. Nella stanza ci sono molte persone: l’ostetrica, il ginecologo pronto per suturare lo sfascio sanguinolento che tra poco sarai, la collega del ginecologo a fine turno che lo aspetta per andare in mensa, la stagista ostetrica al suo primo parto, l’anestesista che è passata per verificare come mai l’epidurale ha funzionato solo per la metà destra del tuo corpo, le puericultrici e la pediatra neonatale. E tuo marito, che è lì da quando tutto è cominciato. Tutta questa gente in una stanza insieme a te e invece tu sei da sola, da ore. Le contrazioni si susseguono una dopo l’altra, innumerevoli, eterne; non finiranno mai, tu lo sai che non finiranno mai. Quando arriva il momento delle spinte, non sei più tu, il tuo corpo sembra che lo stia pilotando un’altra, una tipa tosta che sta al suo posto e fa quello che le dicono di fare. Tu invece sei in un angolo a piagnucolare e vorresti essere da un’altra parte. Quella è la resa dei conti; può durare poco o molto, non importa. È la vertigine cosmica, l’istante in cui sai che il tempo ha una sola direzione e tua figlia una sola strada da percorrere, dentro di te. Tu spingi e sai che non puoi fare altro. Spingi e sai che non ce la puoi fare. Spingi e non vorresti essere tu l'unica a poterlo fare, e invece no, sei proprio tu, e sei lì, non altrove, e tua figlia deve uscire, perché ormai è dentro e non si torna indietro. Sai che non ce la farai, sai che sei sola e che lo sarai finché la bambina non sarà uscita. E spingi. È una faccenda lunga; lunga e faticosa. La nascita e la morte hanno questo in comune: c’è fatica e dolore in entrambe e, se naturali, prendono un sacco di tempo. In entrambi i casi, il nulla e la vita si toccano un istante, in entrambi i casi si è soli anche se c’è gente intorno; in entrambi i casi, dicono che ci sia una luce in fondo al tunnel. Con un risucchio di sangue e muco si precipita nella vita, quando tutto va bene. Non so cosa provino i neonati, ma sono sicura che, tra le sensazioni, ci deve essere una paura animale e incontrollabile. Esattamente l’unico sentimento che una madre non prova, mentre dà alla luce un figlio, perché una madre è spinta, e nient'altro, in quei momenti. La paura è il sentimento che proverà in ogni istante, non appena il figlio sarà nato. Paura è il sentimento che noi tutti proviamo al pensiero di morire. Spaventati e terrorizzati, perché non sappiamo se, dall’altra parte del tunnel, ci sarà qualcuno che ci aspetta e che, come una madre, non ha paura per noi mentre percorriamo l’ultimo tratto.

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