Quando ci siamo sposati eravamo due
belle prugne mature.
Così succede quando l'amore dà i suoi
frutti: due nòccioli si riconoscono uguali, strofinano le scorze,
mischiano le polpe e poi fanno figli.
La forza di gravità che attira un corpo nell'orbita di un altro ha sempre origine da un centro duro e
oscuro, nascosto sotto spessi strati molli.
Per sposarsi e fare figli è necessaria
questa identità di nuclei: ti sento compagno perché dentro siamo
uguali o simili e così è facile credere che sarà per sempre.
Magari ti accorgi che la polpa dell'altro è
diversa, la buccia persino esotica; ma si sa che le differenze
attirano.
Oppure sono simili anche i rivestimenti e
allora l'abbaglio è più pericoloso, perché il simile è
rassicurante.
Così ci si butta.
Se la scelta parte dal cuore, la vita
insieme, invece, diventa più una questione di pelle.
Dentro, è necessario essere uguali per
potersi amare ma, perché duri, è in superficie che bisogna giocare la partita.
Perché serve la scorza adatta per resistere al lento logorio della vita di coppia. L'eterno ritorno del lunedì mattina provoca un attrito che consuma l'involucro e intacca lo spessore della polpa: cambiano gli odori e i sapori, la prugna si secca.
Perché serve la scorza adatta per resistere al lento logorio della vita di coppia. L'eterno ritorno del lunedì mattina provoca un attrito che consuma l'involucro e intacca lo spessore della polpa: cambiano gli odori e i sapori, la prugna si secca.
E si sa che effetto faccia una prugna
secca.
Se la pelle e la polpa erano non solo
diversi ma anche incompatibili, è solo questione di tempo: il
matrimonio è fottuto. Ma lo è anche se da fuori ci si somigliava: due scorze ugualmente egoiste o
cialtrone sono destinate a consumarsi a vicenda, perché è più
difficile perdonare a chi ti vive accanto i suoi difetti, se quei difetti sono uguali ai tuoi.
Eppure ci sono quei benedetti nòccioli
che ancora si parlano e non sanno darsi pace di aver preso un così
terribile abbaglio. Continuano a pulsare come due cuori nascosti e la
storia va avanti, sbucciando e spremendo, finché non finisce.
A volte finisce da ferma: i due nuclei, in
mancanza di alternative o semplicemente di coraggio, sono ormai diventati talmente
inerti da non riuscire a spostarsi più, nemmeno per allontanarsi, e
restano immobili a invecchiare insieme. La famiglia è salva, e tutto
il resto è perduto.
Oppure finisce muovendosi: urtati da un
terzo o quarto nòcciolo di passaggio, i nostri due centri si
staccano, deviano, si separano.
È così che le famiglie si rompono. E
poi, forse, si ricompongono in qualcosa di diverso.
Io e il mio nocciolo gemello siamo
rimasti simili fino all'ultimo: cialtroni e simpatici e tanto ricchi
dentro. Ma lui era diventato pesante come l'uranio impoverito; non
attirava ma tirava giù, come le sabbie mobili di Battiato.
Io ero già una prugna rinsecchita per astio, rinunce e rivendicazioni.
Nessuno dei due aveva più niente da
dare, solo cose impossibili da chiedere all'altro.
Entrambi sapevamo, per averlo provato,
che altrove avremmo potuto funzionare meglio. Insieme, eravamo ormai solo la somma di due egoismi caotici e stanchi.
Quando l'altro inizia a rinfacciarti quello che fa per te, è un segnale inequivocabile: significa che siete arrivati alla frutta, con o senza nòcciolo. Significa che ognuno ha cominciato a sognare e a desiderare per sé, non più per due.
Proprio perché il mio matrimonio è
finito, so per certo che i matrimoni possono funzionare e ora so anche come.
Basta avere sempre voglia di prendersi
cura dell'altro, o essere convinti che ne valga la pena; è giusto
ricevere quel che si dà.
Basta non dare per scontato che la
propria fatica sia sempre più grande di quella dell'altro, così come
la propria ragione.
Basta non credere che l'altro debba
comunque dare, anziché sentirsi grati perché continua a farlo.
Basta darsi il cambio, ogni volta che si è così stanchi da avere voglia di scappare. Solo in quel caso, infatti, dopo esser scappati, si torna.
Basta che non sia necessario dover
essere diversi, per essere amati; e sentirsi invece pronti a cambiare
qualcosa di sé, non perché l'altro lo esige, ma proprio perché non
lo fa.
In certi casi, purtroppo, queste cose non basta saperle e nemmeno volerle.
In certi casi, semplicemente, l'amore
finisce.
E i figli, certo, soffrono. Ma non è detto che questo sia il prezzo più alto che due genitori infelici possano far pagare a un figlio.
E i figli, certo, soffrono. Ma non è detto che questo sia il prezzo più alto che due genitori infelici possano far pagare a un figlio.
Quando arriva il momento benedetto in cui riesci a tirarti
fuori dalle sabbie mobili, comunque, hai solo voglia di fare un giro di danza
in punta di piedi.
Da allora, io ballo.
(Questa l'ho scritta per Paola dagli
occhi grandi, la vicina di casa che avrei voluto avere; perché un
giorno mi ha chiesto: eravate così carini tu e Solal, nel blog! Cosa vi è successo? Ecco, Paola)
molto vero!
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