giovedì 19 novembre 2015

#####. Rughe verticali e orizzontali

Sul mio viso crescono linee verticali, come parentesi incise che mi disegnano diversa. Le scopro all’improvviso, se mi guardo allo specchio mentre parlo e rido: eppure la mattina, appena sveglia, sono sicura che non c’erano. 
C’erano solo le borse sotto gli occhi, il posto in cui finiscono le ore non dormite, le lacrime non del tutto versate, i film visti fino a tarda notte. 
Questi segni, invece, compaiono nello spazio di un giorno, misteriosi per provenienza ma utili per fare di conto, come un pallottoliere. 
Le chiamano rughe d’espressione: arrivano perché mi esprimo. 
Penso che siano verticali perché la vita è in salita: da zero a cento è una bella arrampicata (e non sono nemmeno a metà strada, a dio piacendo). Poi, le corde a cui ti sei aggrappata nei punti difficili restano lì, appoggiate alla parete, testimoni dell’ascesa, segno che sei andata avanti. 
Le rughe orizzontali, invece, sono ponti sospesi tra lo stupore e il corruccio, il sole troppo forte o le cose che non capisci. Sono le sorprese di ogni giorno che percorrono la tua fronte. 
Come un'apparizione improvvisa, fanno paura: perché prima non c’erano e adesso ci sono; come i figli, che arrivano, ti scompigliano e ti deformano. Ma se loro sono lì, è perché ci sei anche tu. 
Mi piacerebbe che la mia faccia non venisse scavata e solcata dai giorni che passano, eppure, una volta che ha preso questa forma, la mia faccia è ancora più mia. 
Non posso lisciarla e tirarla come le lenzuola perfettamente stese di mia nonna. Non più di quanto io possa cancellare le scelte sbagliate o le troppe sigarette fumate. 
Potrei chiedere a uno stuccatore di riempire i solchi con una spatola o un bisturi, ma tanto varrebbe indossare una maschera o un burka. 
Non ho mai avuto la tentazione di farmi fare la caricatura dai pittori di strada, forse perché le caricature non mi fanno ridere.
La mia faccia diventerà un reticolato di cardi e decumani per sentimenti ed espressioni in libera circolazione. O, se preferite, un grappolo di hashtag, una lunga strada ferrata.
Mi ci abituerò, vi ci abituerete. 

- Mamma, hai due ferite sulla fronte. 
- Non sono ferite, sono rughe. 
- Fanno male, le rughe? 

No, bambina. Fanno più male le fughe.

sabato 14 novembre 2015

Paris is a moveable feast

E non chiamateli “nuovi barbari”, per favore. Un po’ di rispetto per quei valorosi guerrieri a cavallo che, galoppando pancia a terra dalle steppe al Reno, travolsero e sbaragliarono uno dei più formidabili eserciti di tutti i tempi, quello romano.
Questi sono degli idioti in calzamaglia nera che sparano alle spalle di persone inermi.
Altro che “nuova barbarie”: stiamo parlando di gente che ha sì e no le palle per tagliare la gola ad un ostaggio solo dopo avergli legato le mani dietro la schiena; gente che, per conquistare una donna, conosce più o meno due tecniche di seduzione: o costringerla con la forza, oppure accontentarsi di 72 vergini che lo aspettano nell’aldilà; per convincerle, però - gli hanno detto - deve ridursi in coriandoli di carne. 
Non chiamateli barbari, perché i barbari erano bruti, truci e poco raffinati, non parlavano correttamente la lingua imperiale e probabilmente puzzavano pure: ma le loro donne se la passavano meglio delle matrone romane.
Questi sono macellai sfigati, addetti al mattatoio, coglioni esiziali.
Sono il braccio, ma mancano di testa e di onore. Invidiano ciò che odiano, per questo lo distruggono. 
Questi non sono la barbarie, non sono l’Islam, non sono il nemico. Sono persone come te e me, con un nome e un cognome. 
Ecco perché non li odio e non li capisco. Mi fanno orrore.