domenica 22 giugno 2014

Summertime

L'anno scorso, di questi tempi, scrivevo il seguente post per dare conto della nostra vacanza istriana:

ELENCO DEI MOTIVI PER CUI ALCUNI ITALIANI NON SONO I BENVENUTI SU UNA SPIAGGIA ISTRIANA
(clicca per leggere)

Quest'anno, siamo ancora lì: stessa spiaggia, stesse nonne istriane. Il quadro è più o meno uguale, con qualche necessaria integrazione per completare l'aggiornamento annuale delle vacanze:
- La neonata non è più neonata: cammina, parla ma nessuno la capisce; tenta spesso di lanciarsi dal davanzale della finestra al piano terra ma, ormai, non ci badiamo più. Non ha ancora messo piede in spiaggia perché è deturpata dalle macchie rosse della quinta malattia; fa veramente impressione: meglio nasconderla agli sguardi di disapprovazione delle nonne istriane.
- Le altre due bambine continuano, senza molto successo, a tentare di colonizzare la spiaggia. I bambini croati le ignorano, i vicini di asciugamano le tollerano, il mare ogni tanto me le ributta in spiaggia insieme alle conchiglie e a qualche penna di gabbiano. 
- Il burec stivato in borsa da due giorni sta buono e pacifico; quello stoccato nell'intestino, invece, ogni tanto si ribella e tenta di riproporsi con sbuffi di cipolla stufata e palline di formaggio fermentato. Fa il suo mestiere di burec.
- Mio marito è ancora, inopinatamente, a torso nudo. Però non al bar: è davanti alla tv, col suo bicchiere di birra in mano, indefesso spettatore di partite di calcio, finali di basket, tornei di poker e scontri diretti di pesca al gamberetto di fiume. Immobile, come il centravanti in panchina. Ogni tanto, una cavalletta gli salta addosso. 
Per scacciarla, sospira. Quei sospiri ispirati e meditabondi che solo una birra ghiacciata può suscitare. Come dei brontolii di nubi basse sull'orizzonte minaccioso. 

Non siamo mai stati così bene.








giovedì 19 giugno 2014

Uomini e no

Ho messo a letto le mie bambine. Ho spento la luce e ho chiuso la porta. Poi l’ho riaperta e sono rimasta a osservarle nella penombra. 
Una è grande, tirannica, dolcissima. 
Una è bella da togliere il fiato. 
Una è piccola, così piccola che occupa tutto il mio mondo e le mie giornate. 
Le ho generate col dolore del mio ventre e le sto crescendo con fatica e amore supremi; ben presto se ne andranno in giro per il mondo. Le accompagnerà il mio cuore attorcigliato nelle viscere, per la paura. 
La paura che non incontrino solo mani calde e forti di compagni innamorati, ma artigli feroci di bambini mal cresciuti e male amati, di deboli codardi sterminatori, di cani rabbiosi che non divorano la preda per saziarsi, ma per godere mentre ne fanno scempio. 
Io non le vorrei mandare là fuori, se là fuori c’è anche una sola di queste anime perdute. 
Mamme di futuri uomini, vi prego: state attente all’essere umano che state crescendo. Insegnategli il giusto modo di amare, che non è mai possedere, che non è mai pretendere, che non è mai distruggere. Non li abbandonate mai, nemmeno per finta. Prendetevi cura di loro, ma non li fate sentire dei sultani. Coccolateli ma non viziateli. Innaffiateli e concimateli con le parole dell’affetto e della cura, ma state attente che dai bulbi non vengano fuori dei narcisi. I narcisi sono fiori letali: se li ferisci, ti sbranano. 
Lo so che, a volte, tra le morbide spire di famiglie normali si possono annidare dei cuori neri, delle anime spente, degli occhi rapaci. 
Non sempre siamo responsabili di quello che fanno i nostri figli. 
Però vi imploro lo stesso, madri di futuri uomini: fate in modo che nessuno abbia mai a soffrire per le conseguenze dei vostri atti mancati, delle vostre reazioni smagliate, della vostra rabbia e della vostra stanchezza. Cercate di fare in modo che non si smarriscano, i vostri futuri uomini.
Perché poi, se si perdono, potrebbe capitare che a ritrovarli sia una delle mie figlie. 

lunedì 16 giugno 2014

Paradise lost

- Ariane, smettila di fare avanti e indietro per la stanza: stai sollevando un polverone che mi impedisce di vedere lo schermo del televisore. 
- Taci, corpo spiaggiato sul divanetto, non mi distrarre; sono in modalità oplitica multitasking: una e trina. 
- Eh? 
- Ho così tante cose da fare che non le posso fare una per volta. Per questo ti svolazzo intorno affaccendata e le mie mani mulinano come le pale di un frullatore. 
- Guarda che devi preparare solo una valigia. 
- La valigia è solo il sipario che cala sul can can che è stata la mia giornata. Prima di fare la valigia e partire in vacanza, c’è una famiglia da scrostare, una casa da sottrarre alla polvere dell’oblio, una lavanderia da bonificare, una lavatrice da motivare - lei, così piccola e fragile, loro così tanti, così sporchi - un bidet da spurgare perché qualcuno l’ha intasato con un accendino, e tanti innumerevoli piccoli dettagli fondamentali da mettere a punto prima di andare a ripetere le stesse identiche cose al mare. La partenza, per me, sarà solo una tappa intermedia. 
- Ariane, ti prego, vai a fare il fenomeno da circo domestico altrove; vorrei rimanere da solo con la mia birra e la mia partita. E’ un momento delicato per me. Capiscimi. 
- Solal, la disparità di trattamento che la vita ha riservato a me e a te mi fa dubitare che il cosmo sia retto da una forza benigna e razionale. Perché tu guardi il mondiale mentre io preparo una valigia? 
- Perché tu sei una femmina e, in quanto tale, sai fare tante cose contemporaneamente e tutte bene. Io invece sono un maschio e mi devo dedicare a un solo compito alla volta.
- Questo è tristemente vero. Le mie superiori facoltà mi condannano alla fatica perpetua. La tua inettitudine, invece, ti assicura l’ozio impunito. 
- Dài, inettitudine mi sembra un concetto severo, Ariane.
- Guardati: bevi birra davanti a una partita di calcio. Sei l’emblema dell’inutilità improduttiva. 
- Non è vero; anch’io so compiere imprese incredibili, se lo voglio. 
- Ah, sì? Tipo cambiare la lampadina che si è fulminata sei mesi fa? 
- No, tipo ruttare in un colpo solo il nome di “maarioobaalooteelli”. 
- Mirabolante. C’è altro che sai fare per impressionarmi? 
- Posso dirti la formazione completa della Nazionale italiana dell‘82, panchina compresa. Zoff, Bergomi, Cabrini, Collovati... 
- Quasi sovrannaturale, per uno che ogni anno dimentica il compleanno di sua madre. 
- Guarda che riesco anche a chiederti di prendermi un’altra birra in frigo. 
- Soltanto? 
- Perché, non ti basta? 
- No, sai che se non faccio almeno due cose contemporaneamente non mi sento a mio agio. 
- Ah, allora portami pure la frittata. 
- ... 
- Vai, Ariane, sbrigati che è già partito l’Inno. Ho bisogno della birra, se no, non mi concentro. 
- Io, Solal, spero solo che esista un aldilà a parti invertite. Là dove un giorno ci rincontreremo e io ti rutterò in faccia tutto il mio amore. 
- Eh? Certo, certo, anch’io ti amo, cara!
- ... 
- La frittata, Ariane! 
- ...

venerdì 6 giugno 2014

66, oggi

All'inizio, intorno a me non c'era che lei. 

Poi sono uscita; eppure ce l'ho sempre intorno. 

È la regina dell'ordine, ma la gente vicino a lei sa fare solo casino.  

Lei pensa in grande ma agisce in piccolo.

È una grande stratega che sbaglia tutte le tattiche. 

Non mi capisce ma è quella che mi conosce meglio. 

Sa dare amore ma non lo sa chiedere. 

A volte capisce ma non perdona. 

Mi perdona anche quando non mi capisce. 

Ha paura di tutto ma è forte come l'acciaio. 

Si è sempre sentita in colpa, anche se la colpa non è mai stata la sua. 

Se la guardi sembra una normale. Invece sa fare le magie. 

A volte le sarebbe piaciuto scappare, ma solo a patto di non dover abbandonare la sua prigione. 

Come tutte noi, ha scelto l'uomo sbagliato: l'unico che potesse amare. 

È un 'arrogante insicura. 

Non le assomiglio, eppure siamo uguali. 

Lei c'è anche quando non c'è.

È unica, ma come lei ce ne sono miliardi. 

Non è un indovinello. 

È un mistero che si chiama mamma.

La mia.