venerdì 13 marzo 2015

Giulietta storta

Il giovane marinaio torna a casa in licenza. Quindici giorni appena, ma è tempo sufficiente per raggiungere il suo scopo: trovare una fidanzata prima di ripartire per Pola. 
Idee chiare, futuro limpido. Una brava ragazza del suo paese, seria e lavoratrice come sua madre e le sue sorelle. Provvista di corredo, possibilmente. Sulla dote, nessuna pretesa; il marinaio è forte e le sue braccia hanno voglia di faticare: basteranno per due. Una candidata già in mente, la strada del paese che si snoda nel mattino assolato, una vita semplice ma giusta davanti.
Invece, di fronte alla chiesa, compare lei. Di bell’aspetto, pettoruta, il naso piccolo e gli zigomi alti, occhi acuti che sanno giudicare, labbra sottili, capaci di scherno crudele. Sta camminando sul marciapiede insieme a sua sorella e non si volta a guardare marinai che passano. 
Ma lui l’ha vista. 
Il destino si compie anche se ti cammina accanto senza che tu lo riconosca; sa fare da sé, per questo è destino. E il marinaio sa a chi appartiene quella giovane e conosce i passi da compiere. 
L’indomani, è a casa di don Ciccio, per chiedergli la mano della seconda delle sue tre figlie. 
Don Ciccio non si espone. “Prima devo chiedere a lei. Se ti vuole, non ci saranno problemi”. 
Sua figlia dice no. “Quello? Manco per sogno. È scuro, è corto e ha troppe sorelle. Non lo voglio sposare”. 
Don Ciccio ha fatto il suo dovere; ha chiesto prima di rispondere. Quando torna il marinaio, riferisce così: “Mia figlia accetta. Il fidanzamento si può fare”. 
E il giovane marinaio è contento. Tutto si è risolto in fretta e in modo ordinato, proprio come piace a lui. 
La parola è stata data, la ragazza ubbidisce. Si fidanzano. Scoppia la guerra. Il marinaio viene fatto prigioniero dai tedeschi dopo l’8 settembre. Passa tre anni a Magdeburgo: lavoro duro in fabbrica e zuppa di bucce di patate a pranzo e cena. Torna a casa, più magro e più forte. La ragazza è lì che lo aspetta. 
E poi il destino diventa vita, diventa anni, diventa una casa, una figlia, un genero e tre nipoti. 
Quanta carne vivente da una bugia astuta, dalla prepotenza affettuosa di un padre. Un sopruso, che oggi considereremmo odioso, invece di dare vita a un dramma elisabettiano, è all’origine della mia famiglia. 
“Nonna, ma tu lo volevi il nonno?” 
“Io? No. Proprio”. 
A mia nonna non avrei mai chiesto: “Tu lo amavi?”. La sua generazione coniugava solo i verbi volere e piacere. “Amare” era parola di noi giovani.
Eppure, si sono voluti bene, lei e il marinaio. Fianco a fianco, per sessanta anni. Lei più alta di lui, nelle foto in bianco e nero del matrimonio. Lui ballerino nevrile e instancabile. Lei ritrosa, timida, rovina feste. 
Ma quando rideva, rideva a cuore pieno e la sua risata ti spalancava l’anima. 
E, in fondo, nessuno è mai riuscito a farle fare ciò che non voleva. 
Nemmeno suo padre.


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6 commenti:

  1. Bellissima memoria. Gente antica, forte e solida che è bene e bello ricordare

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  2. "Il destino si compie anche se ti cammina accanto senza che tu lo riconosca; sa fare da sé, per questo è destino"
    Bravissima!!:)
    Noemi

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  3. Biografia inedita, vera probabilmente. Certo non tutte le forzature hanno avuto il medesimo epilogo! S

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    1. Inizio triste/fine lieta: infatti questa è una commedia, non una tragedia!

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  4. Bellissimo racconto.Mia nonna,in punto di morte,chiamò per nome il ragazzo di cui era innamorata da ragazza.Un amore di cui non si seppe nulla o quasi ma che evidentemente per lei era stato importante.
    E la sua fu una vita tragica,segnata da umiliazioni e dolori.E parliamo di una famiglia importante da tutti i punti di vista.
    Ti ringrazio perché con il tenero ricordo dei tuoi nonni,mitico il bisnonno di aperte vedute,hai permesso a me di ricordare la mia amatissima nonna Rosa.

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    1. Le loro storie lontane bisogna raccontarle in modo diverso da come racconteremmo la nostra; anche se si tratta sempre di quella cosa vecchia come l'uomo che è l'amore.

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