mercoledì 17 maggio 2017

Ode all'ecocentro

La cosa che mi mancherà di più in assoluto, quando lascerò Feltre e il Nord, è l'ecocentro. 
È il mio luogo dell'anima, il mio rifugio, la mia consolazione. Mi sembra che nulla di male possa accadermi, quando sono lì. C'è chi si placa con le maratone di televendite notturne; io, solo quando conferisco rifiuti ingombranti e separo la plastica dal legno.
Ho trascorso dei bellissimi momenti in questo luogo di giustizia e armonia: quando lo frequento, la mia anima è in pace con sé stessa e il mio umore migliora come dopo una seduta dall'estetista. All'ecocentro, a differenza che a casa mia, ogni cosa ha il suo posto; i caricabatteria sfilacciati, l'olio esausto, la padella consumata, i regali di Babbo Natale scartati e mai più guardati, le scarpe bucate: c'è un settore dove puoi lasciare ogni pezzo rotto o vecchio della tua vita, con la certezza che stia andando a finire nel luogo che gli è proprio. 
Per questo, a Feltre, la gente non butta i vecchi materassi per strada e non abbandona i frigoriferi rotti in campagna o sul greto asciutto del torrente: perché è più facile portarli all'ecocentro,  dove un cortese signore in tuta arancione, con la pelle cotta da un sole senza nerbo e il vocabolario ristretto di chi parla solo l'idioma locale e poco altro, ti guiderà verso il settore giusto, si porterà via la tua lavatrice defunta o ti indicherà cortesemente in quale vascone far cadere i piatti sbreccati o l'igloo Ikea tutto pencolante dentro cui le tue figlie avranno sostato sì e no trentacinque minuti in quattro anni e da cui, all'improvviso, con uno slancio di incredibile audacia, hai deciso di separarti.
E poi te ne torni a casa leggera, con la macchina svuotata, con la coscienza a posto e la gratitudine incredula di chi è riuscito a portare a termine in così breve tempo e con tale leggiadria un'incombenza che, prima di affrontarla, sembrava onerosa e complicata. 
Dopo, la casa sembra un po' meno abitata da un'accumulatrice seriale; in macchina non stazionano più la pompa della bicicletta rotta che non sapevi dove mettere e quelle mensole di compensato che non eri sicura ti servissero ancora, ma non si sa mai le tengo un altro mese magari le ridipingo. No. Tutto armoniosamente e fluidamente deposto nel luogo adatto. Conferito, non abbandonato.

Non è solo una questione civica: la città pulita, la differenziata oltre l'ottanta per cento, tasse sui rifiuti se non irrisorie almeno eque (e non dimentichiamo che l'ecocentro non si paga). No, qui il sistema della differenziata ha una valenza esistenziale, morale direi, e pure estetica.
Perché è così che si fa. È tutto così semplice, quando le azioni sono armoniche e finalizzate. Semplice e bello.
Vengo da una terra che considera il cassonetto percolante e i sanitari divelti e abbandonati per strada una variante paesaggistica inevitabile quanto i tondini di ferro a vista sulle solette delle case.
Nella mia terra, quell'isola baciata dal sole e benedetta dagli dei, le case vengono abitate anche se hanno la facciata rustica in mattoni forati, i cassonetti percolano e ogni tanto il fiume porta a mare un frigorifero. Così è sempre stato, così deve essere.
E bisogna chiedersi perché.
Ora, io che sono terrona d'animo e di modi mi sono sentita come un pesce nell'acqua, dentro questo sistema efficiente di riciclo e smistamento. Sono la prova vivente che non è questione di indole regionale, ma di abitudine. Ho svuotato casa per un trasloco e, in quell'occasione, ho dovuto buttare via una quantità imbarazzante di oggetti e mobili, la maggior parte dei quali erano stati accumulati mio malgrado da un puro esemplare di razza Piave, il quale preferiva nascondere in cantina la spazzatura, piuttosto che conferirla nel secco. Mi sono liberata di sacchi pieni di immondizia vecchia di due anni e di un albero di Natale, ormai appassito, del 2012. È stato igienico e allo stesso tempo catartico.
Dio, come mi sento bene dopo aver buttato la spazzatura. Che persona presentabile e graziosa divento, dopo una capatina all'ecocentro.
Ve lo consiglio caldamente; frequentatelo con costanza e fiducia: ha gli stessi effetti benefici sul corpo e sull'anima di un massaggio ai piedi e, in più, non costa niente.
Basta un ecocentro e poco altro, per rendere il mondo un posto migliore.



2 commenti:

  1. Ciao. Basterebbe migliorare il riutilizzo degli oggetti cambiando l'ottica dell'ampliamento degli ecocentri (seppur belli ed ordinati)... in un mondo oramai diventato la Leonia di Calvino. Speriamo si possa creare un centro del riutilizzo anche a Feltre.

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    1. Pare che l'attuale giunta, se riconfermata, abbia in animo di realizzare proprio quello che tu auspichi: far evolvere il prezioso ecocentro in un centro di riuso. E Feltre sarebbe proprio avanti, a quel punto.

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