martedì 26 luglio 2016

Schemi da spiaggia




Le giornate trascorrono tutte uguali, cadenzate da granite, tuffi, pranzi affollati, cattive notizie dal mondo, bambine che continuano a perdere le ciabattine, che crescono all’improvviso e a settembre vanno in prima media, bambine che galleggiano coi braccioli e se la cavano da sole in mezzo al mare. 
Da settimane, immobile sotto l’ombrellone, aspetto risposte dal futuro (al quale spero di aver fatto le domande giuste) e nel frattempo osservo le persone, presenti e passate, e rifletto. E poi schematizzo, perché gli schemi rendono tutto più comprensibile e non impediscono l’analisi. 
E le persone, schematizzando, si dividono principalmente in tre tipi: semplici, complicate e complesse. 

Semplice viene dal latino simplex (sem+plex): significa “piegato una sola volta”. Quindi non liscio, ma con una piega: una sola. Tolta quella, non restano segreti, domande o difficoltà. Una piega, un meccanismo elementare, un solo movimento e tutto si s-piega. Le persone del tipo semplice praticano la reductio ad unum: evitano la varietà, la moltiplicazione delle opzioni, si accontentano di un solo colore, di un solo tipo di pasta, del vino della casa e cambiano l’auto ogni venti anni. Sono pigre, forse; probabilmente sagge. A volte possono essere molto intelligenti. 
La maggior parte degli adulti che hanno riempito il mio mondo di bambina appartengono o appartenevano a questa categoria. Mano a mano che ne scoprivo, con poco sforzo, il funzionamento basilare, la loro semplicità mi inferociva, mi toglieva aria, mi deludeva. Adesso che sono cresciuta, quella stessa semplicità mi sostiene, mi rassicura e mi placa. 
Non è difficile capire una persona semplice. Lo è saperla apprezzare. 

Se non sei semplice, invece, ci sono solo due possibilità: o sei complicato, o sei complesso. E non ne farei una questione di genere.

Complicato viene da complico (tutte e tre le parole contengono la medesima radice indoeuropea, plek, che significa “piega” o “parte”), cioè “piego assieme” (cum+plico), più e più volte. 
Se sei complicato significa che sei pieno di pieghe, ingarbugliato, incasinato. Il complicato è avviluppato in sé stesso e da sé stesso, è imbrogliato e, allo stesso tempo, imbroglia. Nel complicato c’è sempre qualcosa di inautentico da cui bisogna guardarsi. 
Le persone complicate non sono pericolose, in fondo; però possono fare del male, perché tendono ad avvolgere e a stringere tra le proprie spire chi sta loro accanto. I complicati lo sono sempre sulla pelle altrui. Sono però irresistibili, almeno all’inizio. Se si ha a che fare con una persona complicata, la tentazione di togliergli qualche piega di dosso è fortissima. È quasi un gesto meccanico, come lisciare con la mano la gonna spiegazzata.
Può dare anche qualche soddisfazione, come quando si viene a capo del filo ingarbugliato e si riavvolge la matassa. Solo che non sempre è facile sbrogliarla, perché, ovviamente, i gradi di complicatezza possono essere tanti. Si può andare dalla semplice camicetta spiegazzata al plissé definitivo. Nel primo caso basta un colpo di ferro da stiro; nel secondo, forse, nemmeno una pressa. In entrambi i casi, il complicato, il “pieno di pieghe”, può causare fastidio e fatica; e ci vuole tanta pazienza e spirito di sacrificio perché le pieghe vengano lisciate una a una, fino ad arrivare alla nuda spianata, che, il più delle volte, è una landa desolata. Un complicato con le pieghe appiattite è pronto per essere cestinato. Se lo spiani, lo smascheri per quello che è: un semplice che si è così tanto contorto e avviticchiato da non farsi più riconoscere. 
Ho avuto a che fare con persone complicate, nella mia vita: all’inizio mi hanno affascinata, poi è sopraggiunta la noia. Perché, come nel caso dei semplici, il meccanismo è sempre quello, solo che si replica all’infinito e dopo un po’ stanca. I complicati, se smascherati, sono prevedibili e quindi gestibili. Si può vivere con loro, se ci si abitua al fatto che nulla sarà mai facile; faranno sempre ciò che hai imparato ad aspettarti da loro e raramente ti deluderanno. 
Le eventuali sorprese saranno in realtà contrattempi. Complicazioni, appunto. 

Complesso viene invece dal latino complexus, che è il participio passato di complector ("abbraccio", "comprendo", da cum + plector, "intreccio insieme"). 
Non giustapposizione di pieghe ma trama. 
La persona complessa può essere come un fuoco vivo che ti scalda. Non è statico, non è prevedibile, ma nemmeno inquietante. Chi è complesso non ha pieghe visibili, ma ti sorprenderà con i suoi scarti improvvisi. Che saranno solo apparentemente inspiegabili. Poi ti accorgerai che non li devi spiegare: richiedono di essere compresi (prendere insieme, cogliere, racchiudere), operazione ben più stimolante e coinvolgente dell’appiattire le increspature. Li devi abbracciare. C’è in loro un meccanismo raffinato, un sistema composto di più parti focali interconnesse, che funzionano l’una in relazione all’altra, e tutto si tiene. La struttura resta nascosta, ma regge l'insieme: una persona complessa può anche essere scambiata per una semplice. Ma l’equivoco non dura molto. 

Volendo ancora schematizzare: da un complicato si può voler scappare. Da un semplice si ritorna. Da un complesso non è necessario allontanarsi. 

Mi sorge, però, un tipico dubbio da ombrellone: e se invece che “tipi” fossero solo “fasi”? Delle modalità che si attraversano in base all’età e alla disposizione: c’è la semplicità dell’infanzia, le estenuanti complicazioni adolescenziali e giovanili, e poi la complessità dell’età matura. 
Infantile, adolescenziale e maturo possono quindi essere sinonimo di semplice, complicato e complesso? No, troppo schematico. 
Cancello la lavagna e ricomincio.
Allora: sono seduta sotto un ombrellone e osservo.
Ho ancora qualche settimana di ferie. 

4 commenti:

  1. Hai dimenticato la personalità origami, che ha si le pieghe ma le ha fatte per diventare una barchetta, un cigno o una rosa. (so che cercherai senso in questa frase ma non ne ha)
    Luigi

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    1. (So che hai cercato senso nel mio post, ma neanche quello ne aveva).

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  2. un mare meraviglioso e un'analisi intrigante....
    (adesso mi aspetto di veder sparire la mia cesta di calzini spaiati)
    buone ferie
    marzia

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    1. Grazie Marzia! (Ma per i calzini spaiati, prima devi lasciarmi una cesta di commenti...)

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