venerdì 4 agosto 2017

È qui la festa?






Il giorno della Festa della Mamma, il mio cervello affaticato ha registrato, senza elaborarlo subito, un fenomeno peculiare sui social: una valanga di post buonisti che si premuravano, con tatto e sensibilità, di rassicurare le donne senza figli del fatto di non essere meno donne, quel giorno, solo perché non sono mamme e che, poverine, non si sentissero escluse dall'eccesso di festeggiamenti per le altre, le elette che hanno figliato. 
Aspetta un attimo, ho detto tra me e me. 
Post per proteggere le non mamme dalla Festa della Mamma??? 


Che luogo contraddittorio che è, questo mondo social. O leoni da tastiera o virtuosi del minuetto empatico. 
Allora, per lo stesso motivo, il giorno della Festa dei Nonni le persone anziane non nonne dovrebbero essere consolate perché nessuno le festeggia. Per non parlare poi di quella inutile Festa dei Morti con cui ogni 2 novembre si urta impunemente la suscettibilità di tutti gli altri; che poi, da morti, all'improvviso diventano tutti santi ed eroi mentre i vivi non se li fila nessuno e anzi prendono solo mazzate. 

Tra l'altro, faccio notare che il giorno della Festa del Papà non compaiono pipponi su Facebook per consolare i poveri maschi senza figli, perché a nessuno viene in mente che possano sentirsi meno uomini per il fatto di non essersi riprodotti. 
Una femmina invece non può semplicemente essere triste o pentita  o del tutto in pace con sé stessa per non aver avuto o voluto figli: deve per forza sentirsi meno donna. 

Lì per lì, leggendo quei post protettivi e delicati, mi sono sentita in colpa e ho messo mi piace a tutti, nel timore di dare l'impressione, in quanto triplice mamma festeggiata, che me la stessi tirando. Poi ci ho ripensato.

Se vogliamo proprio dare importanza alla Festa della Mamma e a tutte le feste consimili (io non gliene do, per dire), allora facciamolo in maniera letterale e senza prenderci così maledettamente sul serio. 

Senza dover ogni volta partire per la Crociata delle femmine la questione è piuttosto banale: sei mamma ed esiste la Festa della Mamma; le tue bambine sudano da settimane per imparare a memoria poesie e per comporre indimenticabili letterine: che facciamo, non gliela vogliamo dare la soddisfazione di prenderci egoisticamente i loro bacetti di Giuda, ringraziamenti, abbracci e baci salivosi, senza per questo temere di fare della volgare ostentazione? 

Non saremo da santificare per aver figliato, ma ogni giorno ci strappiamo striscioline di pelle dal culo, per crescere questi pezzi di carne che ci sono toccati in sorte; uno straccio di ringraziamento, anche solo così, pro forma, ci sta tutto, dico io. 
Posto che posso sentirmi in colpa tutto il resto dell'anno, per aver avuto la fortuna sfacciata di farmi abitare il corpo e la casa da gente incapace di farsi il bidet da sola, il giorno in cui quelle per cui mi faccio il culo a strisce sono obbligate dalle istituzioni a dirmi un semplice, educato “grazie”, io me lo prendo e me lo godo. Punto. È così brutto? È così fuori luogo istituire una festa apposta per ringraziarmi? Forse che senza quella festa io non farei quello che faccio? 

Perché ammettiamolo: essere madre non è un merito. È fare la madre, che lo è: e se questo merito viene riconosciuto, nessuno deve aversene a male. 

In effetti, non è che, da quando sei mamma, all'improvviso ti devi sentire come “una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare”.  
Sei più trascurata, più stanca, più insicura e coi polpacci pelosi per via della ceretta fatta in casa, però hai una scusa fantastica per tutto questo (io ne ho tre) e quando pensi alle cose meravigliose che potresti fare, se non avessi n bambini di cui occuparti, ti consoli cantando la mistica della fusione madre-figlio. 
Ma in quel momento stai solo rosicando d'invidia per le altre, quelle che escono, partono, dormono, trombano senza chiedere il permesso e senza avvisare. 

Una donna però non è i suoi figli e le prime a scordarselo sono proprio le donne, madri e no. In qualunque posizione ti trovi rispetto ai compiti procreativi, la faccenda è sempre subdola: se non hai figli, ti devi sentire per forza incompleta; quando ne hai, devi annegare nel senso di colpa, se per caso nella vita non ti senti realizzata e felice per il semplice fatto di aver procreato.  

I risarcimenti politically correct sono un po' come quando costringi i tuoi figli a mangiare tutti i broccoli che hanno nel piatto perché i bambini in Africa muoiono di fame: non servirà a fare in modo che broccoli e bambini siano distribuiti nel mondo in maniera più equa, però almeno sei a posto con la tua falsa coscienza. 

Io, se non avessi figli, la seconda domenica di maggio mi ci pulirei il culo, con le manifestazioni di solidarietà consolatoria su Fb. 
Ma per me è facile: io sono una vera donna, da ben prima di diventare madre. 
E, se nella vita non sono riuscita a combinare granché, non è certo per merito delle mie figlie.

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