martedì 25 ottobre 2016

Mentre noi corravam la morta Goro


Ogni volta che racconto ai miei studenti le nefandezze di cui si è macchiata l’umanità nel corso della Storia, un dubbio inespresso mi serpeggia dentro e non manco mai di chiedermi: se fossi vissuta a quell’epoca, io cosa avrei fatto? Sarei stata in grado di scegliere tra Bene e Male? Mi sarei trovata dalla parte giusta o sbagliata? 
Perché a posteriori è facile capire chi sono i buoni e i cattivi. Ma io avrei trovato la forza di essere antifascista con Mussolini al potere? O avrei scelto di tacere insieme alla maggioranza silenziosa? Sarei stata in grado di nascondere in cantina una famiglia ebrea o non mi sarei piuttosto tenuta lontana dai guai, lasciando che fossero gli altri a fare il male e il bene, senza intervenire? 
E il dubbio va oltre; non riguarda solo l’azione, coinvolge il pensiero. Sarei stata in grado di non lasciarmi abbindolare dalle ideologie? La paura del diverso, l’illusione della superiorità della razza avrebbero potuto condizionare i miei principi e le mie scelte?
Non potrò mai saperlo. 
L’unica cosa che so, e che mi dà una poderosa sensazione di sollievo, è che io, oggi, agli abitanti di Goro andrei a sputare in faccia con tutto il disprezzo che bisogna riservare a chi sta dalla parte sbagliata della Storia. Se si organizzano dei pullman per andare a fare le contro-barricate, fatemelo sapere che vengo anch’io. Almeno nel mio tempo, nella mia Storia, io dubbi non ne ho su chi sono i buoni e i cattivi, dove sta la ragione e dove il torto. 
Cani ringhiosi con la coda tra le gambe. Fanno le barricate in paese contro donne e bambini, gli eroi, e poi se ne tornano a casa a mangiare la salama da sugo e si sentono al sicuro, brava gente con la bava alla bocca, gente morta dentro, col fango che scorre al posto del sangue nelle vene e un banco di nebbia come unico orizzonte. Che la Storia vi giudichi, e il vostro Paese vi rinneghi. Che i vostri nati torcano il viso da voi, vili compatrioti con i quali mi vergogno di condividere lingua e suolo. 
Non è certo un merito sentirsi migliore di gente come questa. È che basta così poco per esserlo. 

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