giovedì 2 marzo 2017

Confessioni di una madre mediocre

“Ma come fai a far tutto?” mi chiede spesso la gente.

(Dati del problema: madre di tre bambine, separata, un lavoro come insegnante, un gatto domestico di nome Graffio, ribattezzato per amore di verità Master & Commander. Ma LUI, almeno, non piscia nel letto). 

A questa domanda io rispondo sempre con estrema schiettezza: riesco a far tutto perché faccio tutto male. 
Tutto. 

Le bambine. 
Igiene personale garantita: quasi sufficiente; non appena cominciano a puzzare di cane bagnato, le lavo. Non gioco mai con loro e quando lo faccio sono distratta e duro più o meno quanto le pile gialle dell'Ikea. Rapporto ambivalente con la TV: solo un'ora e mezza al giorno, ma con ampie deroghe a seconda delle condizioni meteo e del grado di abbandono personale e domestico, oltre che del numero di compiti da correggere. 

Il gatto: quando proprio non mi va di cambiare la lettiera, metto entrambi, gatto e lettiera satura, fuori dalla porta. Abbondo in croccantini low cost e non mi ricordo mai quand'è stata l'ultima volta che ha svuotato la ciotola. Lui mi ripaga con le palle di pelo.

La casa: ampiamente al di sotto della sufficienza. 
Arrendiamoci subito, quando misuriamo i nostri limiti, ma senza autocompiacimento: io le mie amiche le ammiro e invidio tutte. Quando torno a casa dopo essere andata a trovarle, per mezzora giro freneticamente rassettando random; sprimaccio un cuscino, ripiego un asciugamano, sistemo simmetricamente i vasetti sulla mensola in cucina. Poi apro il frigo e mi accorgo che lo zoccolo è marrone. Marrone, come se fosse colato del cioccolato due settimane fa e nessuno avesse passato la spugna. 
Come se. 
E allora mi arrendo e vado a vedermi un'intera serie su Netflix, barricata in cucina, per accorgermi qualche ora dopo che è troppo tardi sia per preparare la cena (e quindi: stasera pasta al burro) sia per rimediare al fatto che la più grande non ha ripetuto Storia (che io insegno, sia detto senza falsa modestia) e che resta a malapena il tempo di farle finire gli esercizi di Inglese. 
(E per inciso: non capisco perché siate tutti convinti che le serie su Netflix se le vedano esclusivamente le single professioniste senza figli. Solo perché poi loro lo scrivono su Facebook e io no? Ingenui. Sottovalutate la portata democratica e trasversale del binge watching. E la mia cialtroneria di madre. Cialtrona ma consapevole; quindi, ai miei occhi - e solo ai miei - irresistibilmente simpatica). 

Il mio lavoro: sono una grande improvvisatrice e problem solver. Una paracula, insomma. Se ho dimenticato che stamattina c'era la verifica sui verbi (e dico “se”), se mi è passato di mente di controllare le firme sul libretto, se anche stavolta non ho inserito i voti prima dello scrutinio e devo farlo durante, bene, niente panico: un rimedio si trova sempre. Basta fare in modo che non se ne accorgano le persone sbagliate. 

Certo, le cose si complicano perché, considerando che sono responsabile per questioni biologiche e professionali di un sacco di gente, quando combino un guaio o mi scordo di fare qualcosa, ci va sempre di mezzo qualcuno, a parte me. 
Per capirci: se dimentico in forno l'omelette per tre giorni, poi, il quarto giorno, qualcuno la trova e se la mangia (e non si tratta né di me né del gatto). 

Tu sei sempre altrove, mi si rimprovera spesso. 
Non ci sono mai tutta, del tutto, quando ci sono. 
Faccio metà di quel che dovrei, un terzo di quel che potrei e la sfango sempre. È il segreto dell'aurea mediocritas
Le mie bambine mi adorano, ma poi dicono che io non chiacchiero mai con loro. Papà sì. 
I miei alunni mi vogliono bene, ma pensano che io sia un po' scervellata e che mi vesta in modo strano (era solo una gonna pantalone!). 
Il gatto mi disprezza, lo leggo nei suoi occhi gialli. 

Dirsele, queste cose, non serve a niente. 
Basterebbe esserci, forse, esserci tutta e sempre. Dare il massimo e godersi la fatica anche quando è solo fatica. Ma io sono una madre, non la Dea Madre.

E allora: fare tutto e farlo male; guardarsi con gli occhi di chi ti chiede sorpreso: “Ma come fai a far tutto?”, e sentire di aver compiuto l'impresa. L'auto-indulgenza è la migliore amica dei cialtroni: bisogna saperla coltivare con dedizione. 
Ogni tanto mi guardo intorno e scatta l'angoscia da competizione: le altre, loro sì che ce la fanno. 
Potrei cucinare meglio, giocare di più, imporre più regole, impormi di seguirle io per prima, preparare le lezioni anziché improvvisarle. 
Invece, mi appunto la medaglia di latta sul petto, a fine giornata, e mi dico fiera che, anche oggi, l'abbiamo fatta franca. 
Tutto sommato. 

L'unico interrogativo che mi resta è: perché i bambini, quando aprono lo yogurt, appoggiano sempre il coperchio dalla parte interna sul tavolo, che poi si appiccica e lascia l'impronta di yogurt e non basta buttare la carta, bisogna pure passare la spugna? 
Coperchi di yogurt appiccicati sul tavolo. 
Tutti i giorni, senza un vero perché. 
Pare che si chiami vita.



8 commenti:

  1. Condivido alcune giornate come queste, da medaglia di latta...

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  2. Condivido alcune giornate come queste, da medaglia di latta...

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  3. Non affatto mediocre, anzi un'eroina.

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  4. Ariane, che fine hai fatto??? Sto divorando i tuoi post, da ieri ho scoperto di avere quella persona, quella sorella d’animo che non cercavo ma che ho subito riconosciuta.
    Ma ora dopo ora e post dopo post sale l’angoscia, quale buca nero ti ha inghiottita da agosto 2017 ?

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  5. Susanne, cara! Che fine ho fatto? Che fine ha fatto la me che scriveva? Se la trovo te lo dico. Ma dovrei avere il tempo di cercarla e, di tempo, semplicemente, non ne ho più. Corro tanto, vivo tanto, leggo tanto. L'ho già detto che corro tanto? Mi sono trasferita in un'altra città; vedo, sento e affronto roba così vivida e intensa che qualunque resoconto risulterebbe sbiadito. E poi, a un certo punto, dopo aver scritto l'ennesimo post, mi sono detta: ma a chi interessa quello che penso? E mi è passata la spocchia. Però, se tu mi leggi sono contenta.

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  6. Cara Ariane,
    come non essere contenta dell’energia che sprigioni, dell’entusiasmo che hai (ri)trovato nella capitale.
    Penso che non hai ragione quando dici che non sapresti rendere condivisibili le tue nuove esperienze, hai un linguaggio così preciso e acuto che a mio avviso sapresti certamente come coinvolgere i tuoi lettori.
    Ma comprendo la mancanza di tempo, una condizione che mi è più che nota e che si pone pesantemente contro ogni ambizione scrittoria, ritengo non si possa scrivere con lo sguardo sull’orologio.
    Dunque cara prof, vivi, vivi a trecentosessanta gradi questo momento di vitalità,
    noi aspettiamo con grande piacere e magari nel frattempo trovo chi mi vuole svelare le insidie più remote della grammatica italiana che ammetto non aver avuto il piacere di studiare, chiedo perdono per ogni errore che si insinua nei miei messaggi da auto - didatta.

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  7. Eh no!Le insidie tu le sai schivare benissimo! Grazie per le tue parole, Susanne.

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