martedì 20 settembre 2016

Calzini spaiati



- Solal.
- Ariane.
- Ti sei accorto che non ci sei più?
- Me ne sto facendo una ragione, Ariane.
- Stai bene senza di me?
- Sì. Sto bene. E tu?
- Anch’io. Mi sento meglio, senza di noi.
- Peccato, Ariane. Eravamo molto simpatici.
- Sì. Non proprio una bella coppia, però si rideva.
- Già. Ridevamo di noi stessi e delle stesse cose. Poi però tu, Ariane, hai cominciato a ridere di me.
- Solo perché tu hai fatto cose molto ridicole, Solal.
- Adesso non ridiamo più.
- No. Non c’è proprio più niente da ridere. Adesso è il tempo della rabbia e della delusione. Ma secondo te, era amore?
- Per me lo era, Ariane.
- Allora l’amore finisce?
- Certo. Come tutto il resto. Poi però, tutto continua, da un’altra parte.
- Forse non era vero amore.
- Ariane, se ti fa bene crederlo.
- Secondo te, è finita per colpa tua o per colpa mia?
- Per colpa tua.
- Io credevo per colpa tua!
- Impossibile. Io non ho colpe. E se ne ho avute, mi sono già perdonato da un pezzo.
- Ti manco mai?
- Sempre. Mi mancherai sempre. Però mi mancavi anche mentre stavamo insieme. Adesso almeno comincio a essere felice.
- A me manca il formato famiglia. Tu non mi manchi per niente, Solal.
- Mancheremo a quelle tre. I genitori a corrente alternata non fanno molta luce.
- Sai cosa mi dispiace? Che nel lettone, la domenica mattina, le bimbe non troveranno più una mamma e un papà che si sono addormentati stanchi, la sera prima; stanchi ma allacciati, perché le braccia, il petto, la testa non cercano altro. Perché la sfrontata certezza di essere al posto giusto non ha modo migliore di manifestarsi che in un facile abbraccio.
- Che bella frase, Ariane.
- Davvero ti piace?
- No. Mi fa cagare. Come la maggior parte delle cose che scrivi.
- A me invece piaceva quello che scrivevi. Inutilmente contorto, a volte, ma sempre originale.
- Non era contorto. Eri tu che non ci arrivavi.
- Però non scrivi più. Come mai non scrivi più, Solal?
- Sto vivendo molto, ultimamente. Fra un po’ ricomincio, stai tranquilla.
- Bene. Mi hai fatto molto male, però.
- Anche tu.
- È il mestiere dei coniugi che si separano, Solal: farsi del male ed essere peggiori di quel che si potrebbe essere.
- Avremmo potuto far meglio.
- No, non avremmo potuto. Siamo due qualunque; non è difficile ammetterlo.
- Parla per te; io sono speciale. Sei tu quella che è banale in maniera esasperante. Dio quanto sei banale. E pure stupida. Bella ma stupida.
- Sì. Forse hai ragione. Per questo adesso non stiamo più insieme. Perché tu sei troppo speciale per me. Solal?
- Ariane?
- Dio come sono felice di non dover più raccogliere i tuoi calzini sporchi da sotto il letto.
- Sento che sta per arrivare una tua metafora. Una delle tue immortali, inutili, mediocri metafore.
- No, è una similitudine. L’amore come un paio di calzini: si può spaiare. Uno si perde, l’altro resta. Solo e senza argomenti.
- Io non mi sono perso. E, soprattutto, non sono rimasto né solo né senza argomenti.
- In effetti, neanch’io.
- Bene. Ti arrendi?
- No. Voglio chiudere con una frase ad effetto. Che ne dici di: “L’amore non finisce. L’amore sparisce. Come i calzini nella lavatrice. O le forchette quando sparecchi”?
- Scusa, ho mentito. Non è vero che mi mancherai, Ariane. 
- Lo so. Ed è molto meglio così, per tutti.
- Ciao, Ariane.
- Ciao, Solal.






Nessun commento:

Posta un commento

Ogni volta che qualcuno visita questo blog senza lasciare un commento, da qualche parte, sulla Terra, un calzino resta spaiato. Aiutami ad evitare questo scempio.