lunedì 2 luglio 2018

Captain Solo

Ogni mattina lui è là, al suo posto: troneggiante, dinoccolato, splendido. Pattuglia il corridoio sfiorando la parete con la spalla; si ferma ogni tanto a guardare il soffitto, osserva una ragazza che si getta ridendo in braccio a una compagna, oppure mangia la sua merendina con la concentrazione di un entomologo. 
La prima volta che l’ho visto, era seduto qualche fila davanti a me, in corriera, mentre accompagnavo un paio di classi a visitare un museo. Solo. Con un quaderno sulle ginocchia e la penna in mano, riempiva pagine su pagine. 
Se gli rivolgi la parola, piega il capo e ti porge l’orecchio, come se non sentisse bene. Invece è perché si concentra su quello che stai per dirgli. E’ importante ascoltare, quando qualcuno ti parla. Arrota la “r” e ha una pronuncia nitida come una mattina di febbraio, fatta di vocali altezzose e consonanti taglienti. Si esprime come un gentiluomo d’altri tempi, fuori tempo ma non fuori sincrono. 
Ed è bellissimo. Saranno gli occhi scuri e grandi, le labbra disegnate a broncio, il naso come una torre d’avorio. Saranno quelle gambe lunghissime, le spalle strette, quella tensione da elastico tirato, non ancora al limite ma pronto scattare con morbidezza. Non c’è niente di disarmonico in lui, è solo ancora bambino e arrotondato e dolce. 
Mi sembra un re, un cigno altero, un nobile in esilio che non ha patria in cui tornare. “Soffre di un leggero autismo”, mi ha confidato la collega.
Al cambio d’ora, quando passo davanti alla sua aula, non manco mai di sbirciare dentro: e lui è sempre là, in piedi vicino alla cattedra, che scruta la lavagna come se fosse un orizzonte gravido di eventi. 
Mi sembra speciale e bello. Speciale come gli altri ragazzi o come le mie bambine. E’ un’astronave con un uomo solo al comando, perduta su rotte intergalattiche, corteggia buchi neri e sfida l’antimateria. Se ha paura, non lo dà a vedere. Credo che sia una delle cose più belle che io abbia mai visto. Bello come la solitudine, bello come i mille modi per dire ti voglio bene, bello come un figlio. 
Gli altri sciamano e ronzano. Lui suona una musica senza note di cui ho una nostalgia infinita. 
Se fosse mio figlio, tremerei per lui, perché è fragile e duro come un albero maestro in mezzo alla tempesta. 

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