Dalle mie parti si dice: ogni volta che un bambino siciliano pronuncia la frase “Dolcetto o scherzetto?”, un pupo di zucchero muore.
Voi giovani genitori terroni come me, voi arzilli quarantenni cresciuti con il sole caldo anche a novembre, voi sapete di cosa sto parlando.
Voi che vi lamentate perché questo Allouì vi costringe all’agonia della mascherata macabra, costretti vostro malgrado a portare in giro i vostri bambini e le loro zucche vuote per suonare citofoni e ricattare la gente (“Dolcetto o scherzetto? Ti faccio un’offerta che non puoi rifiutare...”).
Voi che da piccoli festeggiavate la notte dei morticini che portavano il carbone o i dolci di marzapane.
Voi, proprio voi: ribellatevi!
Rifiutatevi di assecondare l’esterofilia del mercato senza memoria e senza patria.
O, almeno, se ormai lo straniero vi ha conquistati e vinti, imponete ai vostri rampolli di festeggiare anche i morticini di famiglia!
Stanotte, mettete le scarpe dei vostri bimbi sotto il letto; apparecchiate la tavola in cucina e lasciate qualcosa di buono da mangiare, un pezzo di pane, un bicchiere di vino; chiedete ai bambini che facciano un veloce esamino di coscienza per stabilire se hanno fatto i bravi.
Metteteli a dormire raccontando loro che questa notte, mentre faranno la nanna, verranno a trovarli i loro morticini: bisnonni in bianco e nero, vecchie zie col tuppo, soldati in divisa partiti in guerra e mai più tornati.
I morticini di famiglia, parenti lontani mai conosciuti il cui ricordo non fa male, verranno a trovare i vivi nell’unica notte dell’anno in cui è loro consentito, si riposeranno dal loro lungo viaggio bevendo un sorso di vino e mangiando una noce; poi lasceranno dentro le scarpette i loro doni: giocattoli, caldarroste, frutta martorana, i dolcetti duri e farinosi come le ossa (e infatti si chiamano “ossa dei morti”), ma dolci come il miele e lo zucchero.
E la mattina i bimbi si sveglieranno e andranno a cercare dentro le loro scarpette e i più piccoli diranno che non è giusto se loro hanno il piede piccolo, che le loro scarpe contengono meno dolci di quelle dei fratelli maggiori. E si farà colazione nominando uno per uno i morticini che sono venuti a trovarci, e la memoria familiare si rafforzerà e l’idea che veniamo da lontano e che la famiglia è un luogo che accoglie si scolpirà nella fantasia dei più piccoli.
Come dite? Vuoi mettere il divertimento di andare in giro di sera a strafogarsi di dolci e caramelle e a suonare i campanelli senza bisogno di darsela a gambe subito dopo?
Ma basta avere un po’ di pazienza e saper aspettare: esattamente dieci giorni.
Poi arriverà San Martino, l’undici novembre, e si potrà girare di sera per le case dei vicini e dei parenti, a chiedere di assaggiare il vino nuovo, le castagne, le noci, i fichi secchi raccolti d’estate e messi ad asciugare sui cannizzi. Tutto senza coloranti e conservanti. Nessun ricatto meschino; nessun nome difficile da pronunciare (“Allouì”?).
Solo la storia dolcissima di un soldato romano così buono da tagliare a metà il proprio mantello in una fredda notte autunnale per coprire le spalle di un vecchietto intirizzito...quelle storie che piacciono ai bambini e che fanno bene ai grandi.
Questa festa di zucche col ghigno e di streghe e fantasmi borseggiatori lasciamola alle lande desolate del profondo nord, dove hanno bisogno di prendere in prestito il folklore straniero per riempire un vuoto di idee e di usanze.
Noi di Allouì non abbiamo bisogno, perché ce l’abbiamo già: anzi, ne abbiamo ben due, crepi l’avarizia.
Lo so, vi toccherà portarli fuori comunque, il 31 ottobre. E ci sarò anch'io, evviva la coerenza. Allora fate come me: la sera del primo novembre, tirate fuori le loro scarpette e mettetele sotto il letto. E mentre le loro palpebre si chiuderanno, raccontate le gesta dei morticini che sono già in viaggio per venirli a trovare.
Gente simpatica, come la bisnonna Angela, capelli ricci e biondi e pelle scurita dal sole, che fece un simpatico scherzo ad una delle sue nipotine: quella volta che alla bambina proprio scappava la cacca durante la raccolta dei limoni, la fece accomodare vicino a un cespuglio di ortiche e le raccomandò: strofina bene il culetto con quest’erba morbida, vedrai come verrà pulito.
A quei tempi sì che sapevano come divertirsi.
Altro che Halloween.
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Ho letto in ritardassimo questo tuo bel post sennò avrei davvero colto volentieri l'occasione per inserire i morticini tra le nostre ricorrenze... Mio padre mi ricordava tradizioni simili in Puglia ma sposando una ligure e producendo figlie in Emilia Romagna la tradizione ahimè s'è persa.... Ne ho già parlato con mio marito (abruzzese, giusto per mischiare ancora un po' d'Italia.... ;-)) e l'anno prossimo non mancherò! Devo sinceramente ammettere però che per noi non mancherà nemmeno Alloui, le bimbe si divertono a travestirsi ed io a pasticciare con loro in cucina. Forse davvero perché non ho avuto tradizioni profonde in famiglia, ora mi piace raccoglierne più possibile da far vivere alle mie figlie, e da vivere con loro ovviamente. Grazie per avermi ricordato (e chiarito con dettagli) questa. Deedlit
RispondiEliminaPs: nostra figlia maggiore porta il nome della tua bisnonna (che era poi il nome di mio padre...) ma confido farà scherzi meno crudeli... ;-)
Guarda, Allouì ovviamente non è eludibile, nemmeno per me. Io però sono per il sincretismo culturale: meglio una festa in più che una in meno! Una mia amica abruzzese mi ha detto che da lei festeggiano i morti che "ricorrono": una corsa tra defunti...ma forse scherzava?
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